A 8 anni dal non esaltante “This new day” tornano gli Embrace o quel poco che ne resta artisticamente parlando, nel senso che questo ep è quanto di peggio i fratelli Mc Namara potessero riproporre dopo siffatta assenza.
I ragazzi indovinano come consuetudine le linee melodiche, peccato che poi sputtanino tutto con arrangiamenti imbarazzanti e che pescano a piene mani da Pet Shop Boys, Editors ultima triste release, White Lies e pure Andreas Johnson (ovvero uno dei tanti artisti mono singolo, nel caso specifico “Glorius” colonna sonora di svariati spot).
Il risultato sono 4 tracce orecchiabili e radiofoniche al limite del fastidioso, con melodie truccate ed imputtanite tipo viali e che per quanto velocemente arrivano al fischiettio incondizionato ed imbarazzato altrettanto rapidamente escono dal cranio, finendo unicamente con l’amplificare il rimpianto per ciò che è stato.
Wilde diceva che “la memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé”. Ecco, facendo nostra tale citazione non ci resta che dimenticare quanto prima questo “Refugees”, ricordando esclusivamente i bei tempi che furono, quando gli Embrace riuscivano ad emozionare con singoloni mono cromatici sì ma certamente gradevoli ed eleganti, tipo “Come back to what you know”, “Ashes” e “My weakness is none of your business”.
Grazie di tutto, davvero, ma io scendo qui.
Che non vorrei poi mandare affanculo Wilde e citazione.
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