Ipnoterapia fase prima: agganciare il disco “Sette” al supporto. Ipnodesiderio di perdersi fase seconda: entrare ne La Piramide Di Sangue. Ipnofollia fase terza e successive: sentire il delirio irrompere nei timpani e filtrare nelle sinapsi di un sistema teso al cosmo.
Attraverso la porta dell’infinito delirio ed entro nelle tensioni psicotrope dei primi due cancelli “Baciati dall’acido” e “Jetem” intarsiati dalle involuzioni mediorientali di un clarinetto respirante il fumo di strumenti sorretti da rumorismi circolari, in una danza eterea che diventa granito nero e ferale in pieno deserto egiziano, tutti le anime del mondo dei morti risalgono la china della melodia e spingono oltre il corpo martoriato di chi ascolta. Violenza e catarsi che prendono forma nel tema principale di “Non è mia è di Dio”, rutilanti pelli percosse da ossa e disgregazioni in tempi dispari si fondono in un flusso sintetico a onda quadra. Sintomi di uno sciamanesimo metropolitano incastrato tra pareti space-rock è “Aperti alle sette” intriso di tribalismi percussivi di strada, in un urlo psichedelico silenzioso e astratto si staglia in un cosmo tagliente “Reggio Galassia” come fosse una gitana danza marziana che perde ogni sintomo logico in un mare di drones acido e mesmerizzante a perdersi in un tenace folk disgiunto e disgregante.
Un’allucinazione lunga un disco, che freme e vibra sotto urticanti sintomi di delirio febbrile tra le strada di una città antica che divora e non provoca dolore ma crea immagini concatenate dallo spazio.
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