Leggeri e freschi, saltano lontano dai soliti schemi (nel bene o nel male). Una base rock, qualche tocco pop (o britpop che si voglia, che in fondo incidono a Londra), tanti accenni funk; una mescolanza che cattura al primo ascolto, rende il tutto orecchiabilissimo e scorrevole senza lasciare il problema di porsi tante domande.
La voce è la cosa meno “pop” del disco: intensa e piena sempre, non sembra mai cedere a quell’aria spensierata che riempie il resto della band. Chitarra e basso sono allegri, andanti, saltellano sui ritmi senza darsi pausa, mentre la batteria li spinge sempre senza fretta palpitando spesso su ritmi quasi latini.
Cinque pezzi pieni di vita, che forse non trasportano lontanissimo ma sicuramente spingono ad alzarsi dalla sedia, che riprendono il filo di almeno un paio di tradizioni musicali per ritesserselo addosso come meglio se lo sentono. Non ci sono grandi novità o stravolgimenti di genere, ma sicuramente la reinterpretazione garantisce la freschezza che si potrebbe cercare in un lavoro del genere, che nasce a metà tra l’Italia e il Regno Unito; se si ha un orecchio adatto alla musica “leggera” difficilmente si potrà non apprezzarli, se invece si vira verso gusti più forti sarà dura ignorare i continui tentativi di brio costruiti per catturare l’orecchio medio.
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