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LANTLÔS – Traffic, Roma, 28 settembre 2014

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Recentemente ho letto un articolo che giustamente celebrava Souvenirs d’un Autre Mond degli Alcest, indicandolo come il capostipite del  famigerato sottogenere definito come “blackgaze”: il black metal impegnato in un’incestuosa relazione con lo shoegaze. Ho un problema con questa affermazione: Souvenirs di black metal non ha proprio NIENTE. L’unica relazione con questo era la prima release su cassetta degli Alcest, quando erano una band effettiva.
E in effetti il punto è  proprio questo, il blackgaze ha sempre mancato di un vero e proprio riferimento musicale a cui ispirarsi, un gruppo “chiave” se volete, vagando perso tra realtà australiane, tedesche e francesi.

Tutto ciò per dire che i teutonici Lantlôs nel 2014 sembrano altrettanto smarriti nella loro nuova veste, vederli dal vivo a Roma non ha fatto che confermare le mie perplessità a riguardo. E non solo.
In apertura c’erano gli scozzesi Falloch, pure loro hanno sempre vagato e spinto i confini del genere metal/post-metal (con venature folk), registrando la recente importante perdita della seconda voce Andy Marshall. In ambito live, confermano l’essere un gruppo capace, se non altro nel riprodurre discretamente quanto sentito su disco, ma non riuscendo a convincere più di quello. Anche la nuova canzone in anteprima dall’album This Island, Our Funeral rimane in bilico. Vuoi la lunghezza dei pezzi, vuoi la mancanza di qualche lato che davvero colpisca di più su altre realtà, i quattro restano piacevoli ma non hanno davvero stupito.

I Lantlôs arrivano con ben poca fanfara e subito decidono di giocarsi tutto con l’ottima Intrauterin, da Agape. E fin da subito la triste mancanza di un vero e proprio frontman diventa palese e fin troppo pesante; Markus Siegenhort avrà pure scritto tutti i pezzi ma non ha il carisma necessario né, ancora più grave, la voce per portare avanti pezzi così emotivamente trascinanti. Il compianto Neige, quando è impegnato in sola voce, diventa piuttosto carismatico e ha (o aveva, almeno) l’ugola necessaria, Markus proprio non è in grado.
Sicuramente una migliore riuscita la fanno i tre pezzi del nuovo Melting Sun, su cui avevo già espresso le mie perplessità in sede di recensione, ma che sembrano molto più nelle corde dei nostri. Dal vivo tutto risulta naturalmente più diretto e aggressivo, riuscendo facilmente a elevare Azure Chimes a miglior momento dell’intera serata. Dopo quattro pezzi dal nuovo lavoro, la band tedesca torna sui pezzi vecchi tirando fuori Bliss, e anche qui Markus si strozza più volte nello strillare, finendo poi con Coma, per un’oretta di esibizione onesta ma decisamente non di quelle che rimangono nel cuore.

Ovviamente grande plauso al Traffic e a No Sun Music per avere il coraggio e l’intelligenza di portare nell’addormentata capitale (saremo stati in sessanta) delle realtà comunque importanti, di questo li ringraziamo sempre.

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