La pietà non fa parte dei Si Non Sedes Is. Perché? Se ve lo state chiedendo non avete ancora provato il dolore unico di “Father Of All Lies”. E se non l’avete ancora fatto siete non solo sprovveduti, ma anche privi di qualcosa di unico.
A tagliar subito la gola ci pensa la distruttiva “Il Drago” che come una sega circolare post-hardcore-metal-quelcazzochetipare si abbatte sui timpani, grida di disperazione e furia cieca su un tempo a singhiozzo mortifero, così come nella danse macabre di “Dog Without A Name” che si perde nell’oscurità di suoni spettrali e movimenti tentacolari, suggellando il patto con la voce algida di un metallo nero come la pece ad incastrarsi in un turbinio ad intreccio multiplo di chitarra e basso. Spettrale disgregazione nera è anche “Chambaud” in cui a gridare non è solo l’ugola ma anche le corde, corde che bruciano sottopelle, tra occhi e cerebro, fino alla calma, alle parole in melodia che disegnano il disagio in onde calme. Onde che diventano ferali silenzi in “La quinta musicale, il calore e il colore verde” e ancora si tramutano in movimenti di macchina e meccanismi industriali e distruzione apocalittica, macigni di ghisa a incastro multiplo per dieci minuti di puro e sconfinato dolore/colore.
Non privatevene oltre, non aspettate a farlo, non chiederete altro per un bel pezzo, prigionieri di questo sconfinato nulla.
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