Dopo 7 anni ecco nuovamente la corazzata hip hop from New York city con questo atteso album di inediti che, diciamolo subito, ripropone una formazione appannata, imbolsita e davvero poco convinta e convincente.
Troppe tracce, pochissime a fuoco ed in linea con il glorioso passato. Certezza che si ha fin da subito, sembra infatti di assistere ad un match di vecchie glorie, ogni tanto un colpo che ricorda i bei tempi che furono, per il resto tanti sbadigli e rotondi girovita a passeggio in mezzo al campo.
“A Better Tomorrow” è una sbobba liquida, allungata ed insipida, un’agonia di un’oretta e spiccioli con le 15 tracce che “brillano” per l’assenza pressoché generalizzata di mordente e nerbo. In questo mare piatto e fermo unici momenti accettabili/apprezzabili, più per demeriti altrui che meriti propri, sono “Crushed Egos”, rivitalizzata dalla co-produzione di Adrian Younge, “Necklace” e “Pioneer The Frontier”.
Tutto il resto è noia (cit.), ma non solo, purtroppo. C’è anche “Miracle”, perfetto emblema della deriva del clan, un generatore automatico di bestemmie ed improperi in stile Jay Z feat. Giustino Timberlake, inascoltabile ed assolutamente ingiustificabile.
In mezzo a questi estremi, per la verità non troppo distanti tra loro, il clan tenta di avventurarsi in sentieri più raffinati e stilosi tipo The Roots, non possedendone però né lo stile né la vocazione, finendo così per snaturarsi ed azzerare o quasi i propri consolidati punti di forza, ossia il flow, le ritmiche serrate ed il collettivo.
Insomma, se una volta le camere erano 36, ora siamo al massimo al cospetto di uno squallido e male arredato bilocale. Null’altro da aggiungere.
Fu-Tang Clan!
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