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Salvo Ruolo – Canciari patruni ‘un è l’bittà

2015 - Controrecords
folk / cantautorato

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Tracklist

1. Malutempu
2. A Buttana
3. Re'pitu
4. Buttitta & Balistreri
5. Mariuzza Izzu
6. Passannanti
7. Picchì Brisci Accussì Notti

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Ma siamo sicuri che l’unità d’Italia sia un giorno da festeggiare? Forse non per tutti. Forse non per quei regni preunitari a cui è stata strappata con violenza un’indipendenza florida e felice in nome di un’unificazione assolutamente non desiderata. Sto parlando in particolar modo del fu Regno delle due Sicilie, Stato sovrano del Meridione prima che Garibaldi e i suoi Mille ci mettessero mano.

Non sarebbe questo il luogo di una discussione storica, ma è assolutamente d’obbligo se si è di fronte a un disco come “Canciari patruni ‘un è l’bittà” del cantautore Salvo Ruolo.
Si tratta infatti di un concept album dedicato alla memoria di un Meridione devastato dai Piemontesi, che negli anni di quello che viene definito il Risorgimento italiano (Ruolo ci fa capire che tutt’altro fu per il Sud Italia) sfregiarono un popolo, umiliandolo e cospargendolo del sangue di chi si opponeva alle volontà dei Savoia, i quali si insediarono e conquistarono il potere in modo arrogante e violento.
Ogni canzone è un racconto a sé, che unito a gli altri narra una pagina di storia che non si conosce abbastanza, semplicemente perché non viene presa in considerazione dalla storia “ufficiale”, quella dei banchi di scuola. Ecco allora la storia di Ninco Nanco, che combatteva contro i Savoia invasori (Malutempu), quella di una prostituta, che perso il marito durante la difesa di Messina non volle nessun vitalizio dal re dei Borboni, poiché non voleva che la sua vita appartenesse né alla sua corona, né a quella dei Savoia (A buttana). Troviamo poi la tragica storia di Mariuzza, bellissima ragazza di 16 anni stuprata da un intero plotone di soldati Piemontesi, per poi essere sventrata dal soldato che al suo turno la trovò svenuta (Mariuzza Izzu) e ancora un inno a Passananti, che tentò di uccidere il Re Umberto I senza riuscirci, con l’obbiettivo di eliminare il “tiranno”. A essere citate non sono solo persone, ma anche i luoghi, come quelle di Pontelandolfo e Casaldoni, bruciate dal luogotenente di Re Vittorio Emanuele II, che mieté in questo modo più di 1400 vittime.
Le canzoni sono tutte in dialetto siciliano antico, con traduzione in italiano sul booklet accompagnata da note esplicative, che chiariscono il significato di alcune espressioni, i fatti legati ai nomi che vengono citati e il contesto storico e geografico in cui avvengono le situazioni narrate. La voce di Salvo Ruolo è piacevole, resa un po’ cantilenante dall’utilizzo di un codice linguistico non perfettamente comprensibile, ma proprio per questo ricca di fascino. Lo strumento che accompagna la sua voce è principalmente la chitarra acustica, ma si fanno spazio anche il banjo, il mandolino e l’ukulele, in una sorta di Folk italico (e a ragione non dico “italiano”) che forse risulterà difficilmente fruibile, ma che appare decisamente originale e fuori dagli schemi.

È difficile immaginare un lavoro del genere ben posizionato nel mercato discografico o anche solo nelle preferenze di Spotify, Youtube o ITunes, ma i pochi eletti che entreranno a contatto con questo lavoro troveranno la sua forza nell’importanza del progetto, che sembra andare oltre il contesto strettamente musicale per sconfinare in un forte, fortissimo desiderio di riportare a galla un momento triste della nostra storia di italiani, ma che non per questo è giusto tenere nascosto, anzi.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=kKGIU3QRVQA[/youtube]

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