Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Retox – Beneath California

2015 - Epitaph
post-hardcore

Ascolta

Acquista

Tracklist

1.Die In Your Own Cathedral
2.We Know Who’s The Prick
3.The Savior, The Swear Word
4.Let’s Not Keep In Touch
5.Disappointing Grade
6.The Inevitable End
7.This Should Hurt A Little Bit
8.Death Will Change Your Life
9.Without Money, We’d All Be Rich
10.You‘re Only A Crook If You Get Caught
11.Wooden Nickels
12.Strong Wrong Opinion

Web

Sito Ufficiale
Facebook

Per Justin Pearson la vita fuori dai The Locust ha significato un vero e proprio macello senza pace. Una quantità notevole di progetti di breve durata ma dal distruttivo impatto (anti)emotivo. Nulla da eccepire, il mondo del punk post-atomico è zeppo di queste anime tormentate, e nel caso di Justin sembrava quasi d’avere a che fare col Mike Patton dell’hc del nuovo millennio: mai fermo, mai sazio, sempre carico.

Nel 2011 il Nostro da vita, assieme all’altra locusta Gabe Serbian, al progetto che sembra far fermare questo nomade nervoso, ossia i Retox. Proprio quell’anno esce “Ugly Animals” (e Patton non l’ho citato a caso visto che il disco esce per Ipecac) e ascoltandolo pensi “cazzo, i The Locust – grind + punkhc, comunque feroci”. Tutto molto bello ma chissà se durerà. E invece dura: seconda cartuccia sparata nel 2013 con “YPPL” che mostra il lato dell’evoluzione, irrobustisce il suono e la cattiveria ma dice addio a Serbian per far spazio a Brian Evans.

Arriviamo ad oggi ed ecco la terza cartuccia che prende il nome di “Beneath California”. Siamo alla svolta vera e propria. Quello che si fa spazio nel nostro condotto uditivo è un disco da psicosi pura, non è più solo un treno in corsa sui binari del rumore, è una commistione di delirio nel discorso hardcore. E così al fianco di sfuriate senza controllo come “We Knows Who’s The Prick”, che mutuano all’interno della propria struttura un feroce gusto noise a incastro multiplo, troviamo il controllo psicopatico della misura rock’n’roll di “Die In Your Own Cathedral” o la disperazione progressive (ascoltare il riff per credere) che permea “The Savior, The Swear Word”, e ancora il tensivo tribalismo marcescente di “Let’s Not Keep In Touch” (dal gustoso video con un Greg Puciato armato di mazza da baseball e di non troppo buone intenzioni nei confronti del chitarrista Mike Crain). Proprio in questi due brani anche la voce di Justin prende pieghe differenti, abbandonando la deriva screamo per diventare piena e plumbea.
Anche quando torna il tomento grind la situazione prende le distanze dal recente passato, è più ragionata e più stronza che mai e “The Inevitable End” è qui per dimostrarlo con il suo incedere gloomy e tritanervi, così come gli spettri post-punk di “Death Will Change Your Life” o il deadkennedysmo post-moderno di “Wooden Nickels”.

Quello che ci infilzano tra le sinapsi i Retox, dunque, non è un disco per a) passatisti che s’induriscono alla parola “old school”, b) adepti della nuova scuola del niente e c) per gente sana di mente.
Bentornati.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=aOgh1J-nIF8[/youtube]

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni