Cosa vi aspettate da un album dei Venom, nientecòcòdimeno che il quattordicesimo in studio (!), nell’anno domini 2015? Direi che la domanda sarebbe più che altro cosa sarebbe mai lecito aspettarsi, ma se avete minimamente seguito le luciferine gesta di Cronos e soci negli ultimi dieci anni, allora sapete già che vi aspettano ampie dosi di speed e thrash metal come se piovesse, insomma i Motorhead in salsa demoniaca e basta.
Ciò non toglie che From The Very Depths non è un lavoretto cotto e mangiato così per tirare su qualche soldino; se qualcuno avesse dubbi in merito, basterà ascoltare due pezzi da novanta come la title track e The Death of Rock’n’Roll, quest’ultima condita pure da un assolo di chitarra al fulmicotone niente male.
I tre insomma si divertono, per quanto non sempre questo viene trasmesso all’ascoltatore, è vero che l’entusiasmo aiuta non poco a digerire i ricchi dodici pezzi dell’album (escludiamo la intro Eruptus e l’intermezzo Ouverture per ovvi motivi).
Il problema principale è che nel mezzo troviamo una serie di momenti che tendono alquanto a confondersi l’uno con l’altro, finendo col compattarsi in una massa gelatinosa di riff decorata dalla vociaccia ruvida di Cronos. Possiamo citare le buone dosi di violenza spezzacollo in Long Haired Punks, ma non c’è molto altro che risvegli l’attenzione.
In compenso la chiusura è lasciata a una Rise dal vivo che, ovviamente, trascina come non mai l’intero pubblico in un bel coretto che ci stampa un sorrisetto e via, fine dei giochi.
Insomma, chiaro che From the Very Depths non sconvolgerà i gusti di nessuno; se vi mancano Lemmy Kilmeister e soci, i Venom possono sicuramente rappresentare valida alternativa, altrimenti, almeno per questa volta, potreste anche non andarci all’inferno.