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BETTIE BLUE – Astoria, Torino, 22 marzo 2015

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I Bettie Blue non sono i White Stripes. I White Stripes non sono i Bettie Blue.
Spero sinceramente che la tendenza di comparare ogni gruppo costituito da una batterista e un chitarrista/cantante al celebrato duo in bianco e rosso sia sul punto di estinguersi. I Bettie Blue hanno relativamente poco da spartire con i loro alter-ego americani, e all’Astoria l’hanno saputo dimostrare fieramente.

La coppia vanta un physique du rôle impeccabile e una tecnica sufficiente per far rigare i pezzi dritti senza alcun intoppo e senza annoiare. I suoni sono assolutamente ben costruiti e la chitarra riesce senza alcuno sforzo a colmare un vasto spettro di frequenze, eludendo il rischio di ricadere in un sound scarno e monotono.
La voce non si spinge ai falsetti (personalmente fastidiosi) del signor White per privilegiare un registro più contenuto ma elegante. I testi sono alternativamente in italiano e in inglese: i primi ne guadagnano in profondità, raffinatezza ed impatto, mentre i secondi sono ben più musicali, ma a tratti (volutamente?) scontati.
Il concerto fila liscio come l’olio e si instaura un bel clima familiare fra gli artisti e il pubblico, così tanto familiare che fra ogni pezzo ci si perde un po’ troppo in chiacchiere smorzando lievemente il potenziale energetico della performance. Ma dopotutto è il loro concerto di lancio e a me va bene così.

“Yuma” è il nome del loro primo disco, registrato a Londra con nientepopodimeno che Omid Jazi e presentato proprio a questo Throwback Sunday. I Bettie Blue suonano bene, con classe, e soprattutto ci credono con tutta la loro anima. Una band sincera, senza fronzoli, piena di voglia di fare e mettersi in gioco. Ti contagiano.

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