Dopo un promettente esordio e il successivo, stupendo, “Shifting”, il gruppo modenese rilascia finalmente “Visionaries”, terzo capitolo della loro carriera.
Uscito a metà del 2014 in maniera auto-prodotta, questo lavoro rappresenta un significante passo avanti nel suono della band, che è riuscita a ingabbiare alla perfezione le precedenti influenze post-metal per riproporle nelle strutture più consone del rock.
Quello che ne esce fuori sono undici brani che pur non sorpassando mai i quattro\cinque minuti di durata riescono a condensare in maniera egregia le intenzioni progressive precedenti, grazie soprattuto a una efficace bravura compositiva che non sfocia mai nel logorroico.
Brani come la title-track o l’iniziale “The Golden Era” sono esempi perfetti di una band che è riuscita ad espandere il loro spettro sonoro ed emotivo dosando, intelligentemente e senza esagerare, parti più pesanti a quelle progressive senza rinunciare alla pesantezza che è parte del loro background.
“Caving In” e “Hunting” ci regalano un arcobaleno sonoro fatto di inserti di tromba e atmosfere più psichedeliche, mentre la conclusiva “Defy the Fate” riesce chiamare in causa addirittura certi U2 traghettandoli nell’universo At The Sounddawn.
Nel mezzo troviamo il crescendo tooliano di “We Both Want The Same Things”, quello impreziosito dai fiati di “Born Again”, i saliscendi sonori di “Blow The Ashes” fino a sfociare nella rabbia di “When The Night Comes”.
Su tutto questo una produzione calda, avvolgente e naturale che è in grado di evidenziare efficacemente il grande lavoro fatto sui suoni e impreziosisce questo “Visionaries” rendendolo un album consigliato senza mezzi termini.