Un ep con una retro cover simile non può che meritare fiducia a prescindere. Se poi trattasi del nuovo mini lavoro del buon Willie Peyote il sentore di non buttare il proprio tempo diviene immediatamente certezza grazie a 5 istantanee del nostro belpaesedimmerda, pregno di tendenze vacue e stereotipi, dove “quando parli di un problema generazionale tendi a generalizzare”, dove la barba incolta di una volta “è talmente curata che non sembra più una barba,
adesso sembra una vagina”, dove “la musica ormai neanche l’ascolti ma la guardi” e dove l’importante è fare un talent “e se balli o canti o alzi pesi con lo scroto è uguale”.
In questo contesto fortunatamente qualche voce fuori dal coro la troviamo ancora e tra queste c’è a pieno titolo quella del rapper piemontese & granata, anticonformista perché dalla conformazione fisica normale “tipo un batterista o un impiegato” e che non si limita all’ironizzare e basta, ma che vuole esprimere tutto il suo disappunto e la sua estraneità da quasi tutto quello che ci circonda.
Willie conferma di essere in grado di sintetizzare il nostro tempo come pochi altri, riuscendo a far deglutire la realtà sotto forma di barretta iper calorica doppio strato, in superficie ironia e sarcasmo, come ripieno rabbia e merda. Ed è proprio questo retrogusto fecale la vera novità di questo ep, meno facile e simpa, più livore e consapevolezza, evoluzione sostanziale assecondata come sempre alla perfezione dalle sonorità dei sodali Kavah e Frank Sativa.
Anche in questo caso, dunque, per me è sì, anzi 4 sì! Se poi questo album e/o Willie Peyote in generale non piace, no problem. Tornate pure tranquillamente alla lettura di “50 sfumature di minchia tendenti al grigio”…. E buona lettura, né!