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[PhotoReportage]: STRUNG OUT – Magnolia, Milano, 14 luglio 2015

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Nonostante l’afa e nebulose di zanzare, martedì 14 luglio ci siamo diretti verso il Magnolia in nome del buon vecchio punk rock.
Impegni lavorativi e il solito traffico meneghino, ci permettono di raggiungere la location solamente poco prima della performance dei Versus The World, band californiana in procinto di pubblicare il terzo album.

Il tempo di posizionarci in mezzo ad un pubblico variegato ed in crescita, ed ecco salire sul palco Donald Spence, la sua immancabile coppola e il resto della band che non perde tempo, si posiziona e dà il via ad una performance vivace e contagiosa. Purtroppo, come ormai di consueto al Magnolia, i suoni sono pessimi e il risultato è che la ritmica è impastata e la voce non si sente. Il pubblico, comunque sollecitato dal frontman, non si lascia atterrire da afa e mal calibrazione fonica, ed inizia a scatenarsi facendo partire il pogo e incitando la band a continuare. La formazione, per l’occasione orfana di Chris Flippin dei Lagwagon, propone un punk rock onesto e fatto bene che, però, a conti fatti non spicca per originalità. Lo show dura poco meno di un’ora scaldando il pubblico per i successivi headliner della serata: gli Strung Out.

Freschi dell’uscita del loro ottavo album, “Transmission.Alpha.Delta”, il quintetto californiano prende subito possesso del palco di fronte ad una folla in visibilio e che non aspettava altro se non il loro ingresso in scena. Probabilmente a causa del caldo umido e delle luci che infervorano ancora di più lo stage, la band mi dà l’idea di essere, almeno inizialmente, un po’ fianca e spossata. Jason nonostante qualche pecca iniziale, ingrana quasi subito e contento della partecipazione attiva e costante degli astanti, inizia a sciorinare una setlist che, prediligendo il nuovo disco, mette in scena molto successi del passato.
La calca aumenta, i fotografi escono dal pit ed ecco prendere il via un po’ di sano crowdsurfing. Pugni alzati, pubblico che canta a squarciagola e salti rendono lo show dinamico e tra un ringraziamento e l’altro si giunge alle battute finali non prima di un doveroso encore. La folla si divide tra chi grida “one more song” e chi suggerisce cosa eseguire. Il break finisce e la band ritorna per suonare gli ultimi \pezzi prima dei saluti finali.

Suoni a parte, anche se non capisco come mai dopo anni di live si continui ad avere una resa acustica così mediocre, la performance si conclude nel migliori dei modi lasciando tanti sorrisi e quell’adrenalina che solo un grande show può darti.

Foto di Mairo Cinquetti.

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