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Chemical Brothers – Born In The Echoes

2015 - Virgin
elettronica

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Tracklist

1.Sometimes I feel so deserted
2.Go
3.Under neon lights
4.EML ritual
5.I'll see you there
6.Just bang
7.Reflexion
8.Taste of honey
9.Born in the echoes
10.Radiate
11.Wide open

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I Chemical Brothers sono tornati, a cinque anni di distanza dal loro ultimo disco, per festeggiare il loro ventesimo compleanno. La band inglese ha scritto l’ottavo capitolo di una carriera con molti alti e pochissimi bassi.

Al contrario di quanto è accaduto con il precedente lavoro (“Further” del 2010), dall’approccio più difficile, con “Born In The Echoes” i Chemical Brothers hanno preferito soluzioni che, nel corso della loro carriera, si sono sempre rivelate vincenti. Meno innovativo, certo. Più efficace, (quasi) sicuramente. Questo è ciò che emerge già a partire da “Sometimes I Feel So Deserted”: i repentini stop and go, accanto a una curatissima parte melodica, sono elementi che ritornano prepotentemente nelle prime due tracce (la seconda è “Go”, una bomba da radio).
Coesistono i tratti fondamentali della musica club-oriented e quelli più pop: EDM genuina che non faticherà a far scatenare la gente sul dancefloor. Non cala l’attenzione con i due pezzi successivi, un po’ più difficili e meno “pop” per la loro struttura: “Under Neon Lights” è ipnotica, “EML Rituals” è nervosa, ci mette un po’ a ingranare ma poi esplode e diventa subito un pezzo da ballare fino a perdere il fiato, prima di un finale trance. La genialità di Ed e Tom sta nel modo in cui hanno costruito il disco: non siamo in presenza di un capolavoro, ma di buona musica elettronica tutta da ballare, non troppo ricercata, ma dalla potenza dirompente impressionante.

La seconda parte del disco si arricchisce ulteriormente di passaggi psichedelici (“I’ll See You There” e “Reflexion”). Anche “Just Bang” e la conclusiva “Wide Open” sono pezzoni, seppure molto diversi: il primo è perfetto per il clubbing, il secondo è ricco di suggestioni neopsichedeliche. Sostanzialmente, è un disco che non faticherà a spopolare sui dancefloor di tutto il mondo e non perché i due inglesi si siano prostituiti musicalmente.

“Born In The Echoes” è obiettivamente strutturato in maniera esemplare, organica, completa. Il disco è da ascoltare tutto d’un fiato: la somma delle singole parti non restituisce le stesse sensazioni che l’ascolto completo, invece, genera. Tante e tutte di livello le collaborazioni, molto buono il risultato complessivo di un lavoro che non sarà il migliore del duo, ma saprà far ballare, divertire ed emozionare,  che poi è esattamente ciò Tom desiderava.

 

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