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Verdena – Endkadenz Vol 2

2015 - Universal
rock / alternative

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Tracklist

1.Cannibale
2.Dymo
3.Colle immane
4.Un blu sincero
5.Identikit
6.Fuoco amico I
7.Fuoco amico II (pela i miei tratti)
8.Nera visione
9.Troppe scuse
10.Natale con Ozzy
11.Lady Hollywood
12.Caleido
13.Waltz del Bounty

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In Italia conta più lo status del contenuto delle cose. E fin qui nulla di nuovo, ma uno spera che in ambito musicale ciò accada meno. Sbagliato. Forse l’attuale scena musicale italiana è il crogiuolo perfetto per la mentalità dello “status” come unica forma d’ “arte”.

I Verdena si sono ritrovati (loro malgrado) in mezzo a questo duello tra pistoleri ciechi. Da una parte gli adoratori dello status underground, troppo intenti ad ISPIRARSI a Neurosis e Converge per vedere le cose da ogni punto di vista, che li insultano perché “copiano” (per loro senza virgolette) altre band, dall’altra coloro che incensano il trio come la miglior band italiana di sempre.

Tutti perdono di vista la vera situazione: a questi tre non frega un cazzo e fanno un disco diverso dall’altro ogni volta. Vi pare poco? Per me? Per me i Verdena sono un’ottima band capace di sfornare dischi con la D maiuscola (“Solo un grande sasso”, “Requiem”, “Endkadenz Vol.1” e questo “Endkadenz Vol.2”) e dischi di merda (sempre dal mio punto di vista eh, tipo il debutto omonimo, “Il Suicidio del samurai” e il tremendo “Wow”).
E dunque questo disco è un mosaico vero e proprio, più musicalmente introspettivo e denso del volume precedente, più “compresso” e impregnato di sangue. Si parte dall’infezione stoner, storta e febbricitante di “Cannibale” arricchita da aperture emotive degne dei padri putativi Motorpsycho, si continua con le allucinazioni pianistiche che si districano tra i continui cambi di tempo e “scenario” (tra marcette, situazioni saltellanti, tribalismi nascosti e ondate psych) di “Dymo”, dalle sensazioni emo anni ’90, mentre il singolo “Colle Immane” spinge piccole particelle industrial nel DNA violento della band.
Il volto migliore del disco si palesa quando la distorsione lascia spazio alla follia psichedelica avvolta di folk obliquo e così “Identikit” diventa uno dei migliori pezzi dell’intero lavoro, coi suoi strati di synth, percussioni, chitarre allucinate, voci impazzite, sbuffate a memoria di Nino Rota e quindi virate sixties di classe, o ancora nel pianocentrismo della Spiritualized-oriented “Nera Visione”, lenta marcia verso lo spazio impreziosita da pulsazioni sintetiche, e forse l’unica prova lirica notevole del disco (parlo dei testi, che per me, e forse anche per Alberto, non sono mai stati il perno centrale dell’impianto sonoro del gruppo, leggi anche: “io li trovo terrificanti”).
L’allucinante “Natale con Ozzy” spinge la misura elettronica ancora più in là e crea strati debilitanti di rumore e melodia vocale, che, tra le altre cose, è il punto focale dell’intero disco, che va oltre al contenuto linguistico delle canzoni, mentre l’ombra dei Melvins si palesa in tutta la sua stronzaggine su “Caleido”, sporca di rock’n’roll furente come non mai tra stop’n’go e bastonate in gola (e di gola). Il disco si chiude un po’ male con la melensa e scontata “Waltz del bounty”, che dimostra l’amore battistiano già ribadito su “Wow” e che toglie il pathos creatosi nel percorso del disco (anche se già con “Lady Hollywood” si era caduti in questo lezioso tranello).

Ma di dischi perfetti non ne escono più da un pezzo. Di dischi belli invece ce n’è ed “Endkadenz Vol.2” è uno di questi, con buona pace dei vari detrattori, perché, non fosse per la lingua utilizzata per i testi, non direste mai che questo è un disco italiano. E sticazzi.

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