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COLAPESCE – Monk Club, Roma, 18 settembre 2015

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Al Monk di Roma, in una delle serate più umide e calde dell’anno, va in scena l’ultimo capitolo nella capitale del tour elettrico di Egomostro, seconda fatica in studio di Lorenzo Urciullo, in arte Colapesce.

Non c’è più il rosa, colore distintivo di album e tour che nelle date più vicine all’uscita dell’album aveva colorato i completi di Colapesce e dei Tropicals ma un nero generico, eccezion fatta per le palme sulla t-shirt di Mario Conte, in perfetto pendant con l’aria tropicale della serata.
Rispetto a marzo, dove a Roma Colapesce si era esibito al teatro Quirinettam di km in tour ne sono stati macinati e un velo di stanchezza è ben visibile negli atteggiamenti, nelle movenze, nei tocchi e perfino nelle voci. Tuttavia c’è modo e modo di essere stanchi e in questo caso questa sensazione contribuisce a creare un clima intimo e personale che favorisce un certo tipo di confidenza tra spettatori e artisti.

La lunga lista di brani estratti da Un meraviglioso declino (Satellite, Restiamo in casa, S’illumina, La distruzione di un amore) sono il passepartout che apre i cuori  e che sugella l’ennesimo e infinito matrimonio del cantautore siciliano con il suo pubblico.
Cantare a memoria quei pezzi, seppur meno “completi” di alcuni capolavori contenuti in Egomostro è un po’fare parte di un club, di un’elite colta sempre più rara di cui Urciullo è il rappresentante.
Gradita e inaspettata (bugia, lo avevamo visto girare per il Monk poco prima) la partecipazione di Roberto Angelini su Maledetti italiani.
Si chiude con una mano sul cuore un concerto emozionante che ha il sapore di un arrivederci ad un nuovo e strepitoso album.

Colapesce non è cool, non è post e non è pre, non è una costruzione né un fenomeno del momento.
Colapesce è realtà, genio, poca sregolatezza e attenzione ai particolari.
Colapesce è semplicemente Colapesce.

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