Larry “Doc” Sportello è un detective privato di Los Angeles che vive a Gordita Beach e al quale la sua ex fidanzata, Shasta, domanda aiuto per evitare che il suo attuale amante, il miliardario Mickey Wolfmman, sia spedito dalla moglie in un ospedale psichiatrico e conseguentemente interdetto.
Un inno lisergico per la vita di un hippie mascherato da detective; intuitivo, poco avvezzo alle regole, suonato ma non troppo, probabile epigono dell’autore più celebre del post modernismo d’oltre oceano, inventore e capostipite di un genere che lo porta qui alla sua ultima, per ora, fatica letteraria, immediatamente, o quasi, tramutatasi nella settima pellicola di un Paul Thomas Anderson consapevole che difficilmente avrebbe potuto sbancare il botteghino ma comunque desideroso di portare sul grande schermo un inno ‘60ies alla belle epoque del mondo post Cielo Drive, poggiando sulle spalle di Joaquin Phoenix, già visto al servizio di Anderson in “The Master”, tutta la difficoltà di ben oltre tre ore di trama e qua tramutatosi in un epigono di Neil Young, con sandali basette di ordinanza, sullo sfondo di una metropoli che rigurgita degli ultimi definitivi bagliori della stagione dell’acquario.
Una pellicola impreziosita da musica di qualità, rigorosamente proveniente dagli ultimi anni ’60, con un cast nel quale fanno capolino alcuni attori di spicco come il caratterista Josh Brolin, Martin Short, Benicio Del Toro e Owen Wilson da vedere se siete nostalgici di un’America che non c’è quasi più, non badando eccessivamente a una trama che come si conviene nel post modernismo di Pynchon è capace di contorcersi su se stessa più e più volte risultando in più di una occasione incomprensibile.