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Fear Factory – Genexus

2015 - Nuclear Blast
metal / industrial

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Tracklist

1. Autonomous Combat System
2. Anodized
3. Dielectric
4. Soul Hacker
5. Protomech
6. Genexus
7. Church Of Execution
8. Regenerate
9. Battle For Utopia
10. Expiration Date

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È stata una riflessione sul rapporto fra uomo e macchina ad ispirare il titolo del decimo lavoro dei cari vecchi Fear Factory, pubblicato in concomitanza con il loro venticinquesimo compleanno. Il termine Genexus nasce dalla fusione di Genesis e Nexus e vuole indicare la riduzione delle distanze fra l’uomo e le macchine, a tutti i livelli.

Che sia un disco ispirato lo si deduce già dai primi pezzi: l’impressione è che la band, dopo qualche lavoro meno brillante, abbia davvero recuperato lo smalto degli anni passati, grazie a dieci pezzi (più due bonus track) che riescono ad esprimere il meglio di un genere di cui gli stessi Fear Factory s’eran fatti pionieri tempo fa. In tanti hanno scelto di tentare la fusione fra death e industrial, ma, nel settore, si può affermare con pochissimi dubbi che i Fear Factory non abbiano ancora avuto eguali. L’intro dell’opener (“Autonomous Combat System”) porta in dote elementi epici, in grado di conferire un senso di maestosità che non scompare con lo scorrere dei secondi: molti gli spunti elettronici che arricchiscono un sound già molto corposo ma anche tanto limpido, com’è nella tradizione-Fear Factory, affiancati a brevi accenni melodici che interessano soprattutto la voce in alcuni ritornelli. Nonostante il livello non s’abbassi praticamente mai, con “Soul Hacker” e “Promotech” si raggiungono picchi d’adrenalina impressionanti, risultati naturali della commistione di atmosfere futuristiche ed asettiche e un sound ipnotico e distruttivo. Dopo la cruda e violenta “Battle For Utopia”, la chiusura è affidata a un visionario pezzo post-wave, portale attraverso cui i Fear Factory raggiungono il cibernetico mondo del futuro, camminano fra le macerie e si guardano intorno senza riuscire a distinguere gli esseri umani dalle macchine.

Il ritorno è di quelli col botto: “Genexus” è un disco riuscito, probabilmente uno dei migliori della loro lunga carriera, il cui unico limite è rappresentato da una leggera ridondanza. Sono dieci tracce che vivono di vita propria, dall’identità fortissima, che sembrano altrettanti capitoli di un pessimistico romanzo di fantascienza. E neanche troppo inverosimile.

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