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Natalie Imbruglia – Male

2015 - Portrait Records
pop / cover

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Tracklist

1. Instant Crush (Daft Punk)
2. Cannonball (Damian Rice)
3. The Summer (Josh Pike)
4. I’ll Follow You Into The Dark (Death Cab For Cutie)
5. Goodbye in His Eyes (Zac Brown Band)
6. Friday I’m in Love (The Cure)
7. Naked as We Came (Iron & Wine)
8. Let My Love Open the Door (Pete Townshend)
9. Only Love Can Break Your Heart (Neil Young)
10. I Melt With You (Modern English)
11. The Waiting (Tom Petty)
12. The Wind (Cat Stevens)

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Alzi la mano chi immaginava di poter ritrovare una Natalie Imbruglia così ispirata a questo punto della sua carriera. Eh si, l’ispirazione. Non è esattamente quella cosa che ti fa fare album di cover di brani (alcuni piuttosto mediocri) di colleghi maschi con nomi pesanti, ma è quella cosa che ti aiuta a fare bene quando sai di poter dare un contributo valido alla causa della buona musica. Dell’arte in generale.

Lo stato dell’arte di Natalie Imbruglia è, più o meno, questo: dopo un esordio al di sopra delle aspettative, al quale ha fatto seguito l’inevitabile caduta, la Imbruglia si è mossa lungo i sentieri sicuri del pop raccogliendo applausi e più di qualche critica lungo un decennio di produzioni senza infamia né lode. L’approdo alla maturità arriva con “Come To Life”, un lavoro sul quale la Imbruglia aveva si inciso ma non in maniera così decisiva come i precedenti lavori e, sinceramente, questo spostamento degli equilibri risultava assai funzionale alla genuinità del prodotto che, per quel che riguarda la qualità, regolava tutti gli album fin lì usciti.

Qualcuno deve averlo detto alla Imbruglia e, con buona pace dei fans, questo “Male” può essere considerato come un banco di prova per vedere se il sentiero intrapreso dalla cantautrice australiana è quello giusto. A primo impatto la risposta non può che essere positiva, innanzitutto, per via dei brani scelti, che non sono la solita collezione di composizioni da crooner giusto per accontentare gli amanti della tradizione e per soddisfare i padroni delle case discografiche, ma rappresentano un serio banco di prova per le capacità interpretative della Imbruglia.
Alcune eccezioni, dicevo prima. In primis la cover del brano “The Waiting” originariamente inciso da Tom Petty And The Heartbreakers sull’album del 1981 “Hard Promises”. Una rilettura sulla strada del country che filtra tutti i contorni rock della versione originale. Una cosa di una mosceria quasi grunge, che fa il verso alle peggiori intuizioni del già poco ispirato movimento della città di Seattle. Ancora più mortificante sarebbe il confronto con la rilettura più allegra e promettente della versione del brano di Linda Ronstadt, uscita nel 1995. Poi ci sono gli episodi di “Goodbye In Her Eyes”, della Zac Brown Band, e di “I Melt With You” dei Modern English. Poco ispirati, riempitivi, mortificati. Da questi punti di riferimento in poi si può iniziare ad apprezzare del tutto questo piccolo gioiello dell’artista australiana che mette il punto esclamativo definitivo su “Instant Crush” dei Daft Punk, spazzando via in appena un paio di note l’originale prova vocale di Julian Casablancas, ridimensionando, forse, la sua intera carriera. Un brano indovinato da qualsiasi angolazione, che prende molto di più di quanto riuscirono a fare i djs francesi in prima lettura.

Tutto si adatta benissimo alle corde vocali di Natalie Imbruglia, che fa viaggiare il brano alla giusta velocità. Pieno, pulito, potente. Piece che fa coppia perfetta con “The Summer”, brano originariamente inciso da Josh Pyke per il suo lavoro del 2008 “Chimney’s Afire”, che sotto la guida della Imbruglia guadagna delicatezza e diventa magicamente più pulito e comprensibile. A dirla tutta sembra che Pyke l’abbia cantata con una trave di trucioli incastrata tra le mandibole. La lotta per la palma di miglior brano del lavoro è tra questi ultimi due episodi con il secondo leggermente in vantaggio rispetto al primo, ma altre “colonne” sostengono la copertura di “Male” e possono essere facilmente riconosciute in brani come “Let My Love Open The Door” di Pete Townshend e “The Wind” di Cat Stevens, che vengono restaurati magnificamente anche grazie alla pulizia sonora che neanche gareggia con la produzione originale. Ci sono altri ornamenti felici ed indovinati come “Friday I’m In Love” dei Cure, che, tuttavia, non merita un paragone con l’originale per il contesto completamente ribaltato dei generi a confronto, ed “I Will Follow You In The Dark” dei Death Cab For Cutie che rende tanto quanto l’originale, anche se risente di una poco felice scelta di voler adagiare il tutto su ritmi più blandi.

Al giorno d’oggi, tolti i talenti di Beyoncé e Christina Aguilera, l’universo musicale del pop femminile non presenta grandissime interpreti, e tutto il movimento vive di una stantia puzza di pornografia che si muove ai margini della pedofilia. Sembra di essere entrati in una sorta di medioevo della musica pop, nel quale tutti hanno paura di cantare e mostrano timore reverenziale verso autotune. Non è bello. È qualcosa che sta dando frutti marci prima della compiuta maturazione. Ogni settimana si consegna un premio a qualcuno che quasi non ha inciso album, che non ha scritto canzoni o che non ha quasi mai calcato un palco. Tutto questo da il senso del ritardo mentale e del disagio che stiamo promuovendo nella nostra società. Stiamo dando da mangiare e da bere ad una nuova generazione di spastici sociali che hanno preso tutte le cose più disdicevoli dalle generazioni precedenti: anarchia intellettuale, aggiramento delle agenzie di socializzazione, appiattimento verso una cultura semplicistica.

Male” di Natalie Imbruglia sta agli antipodi rispetto a questo modo di consumare musica, è soprattutto questo segno di grande maturità di un artista.

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