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Beach House – Thanks Your Lucky Star

2015 - Sub Pop / Bella Union
dream pop

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Tracklist

1. Majorette
2. She’s So Lovely
3. All Your Yeahs
4. One Thing
5. Common Girl
6. The Traveller
7. Elegy To The Void
8. Rough Song
9. Somewhere Tonight

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Ecco la scena: mi hanno appena licenziata dal call center, ma non è un problema, tanto lo sapevo da un mese. Ho avuto il tempo di farmene una ragione. Poi tanto quel posto mi fa schifo. E comunque torno nel mio buco di culo al quinto piano, finemente arredato con la polvere. Mi sdraio sul letto insieme al mio gatto. Sta dormendo, beato lui. Insomma mi sparo una dose di eroina e resto li un po’. La colonna sonora che ho scelto per l’occasione è un disco uscito da poco: Thank Your Lucky Stars dei Beach House. Niente di meglio, zio.

Ok di vero in questa storia ci sono solo due cose: il mio gatto che dorme e questo bel disco, ma giuro che se fossi una ragazza eroinomane sceglierei per le mie “attività stupefacenti” proprio queste canzoni.
La prima cosa che colpisce di questo sesto lavoro del duo statunitense, oltre al fatto di essere uscito a pochi mesi di distanza dal precedente Depression Cherry, è infatti la dolcezza allucinogena che caratterizza ogni brano e che prende forma in synth nostalgici e chitarre elettriche morbidamente distorte, a tessere melodie di una malinconia irrimediabile e coinvolgente. I ritmi sono lenti, scanditi da batterie rare e quasi impercettibili e l’effetto generale che ne risulta è a metà tra il soporifero e il catartico, senza mai annoiare. La voce di Victoria Legrand è come sempre deliziosa, vaporosa quanto basta e comunque più solida e concreta di molte voci dream-pop presenti in giro: più coraggiosa dunque, nonchè più riconoscibile.
Dalla generale confusione onirica che deriva dal tutto, bisogna dire che a prevalere sono i pezzi dal ritmo più strutturato, come Majorette, All Your Yeahs, One Thing ed Elegy To The Void: colonne portanti sotto a cui scorre il fiume melmoso dei brani più eterei (da citare l’orientaleggente e struggente She’s so Lovely e la sognante Rough Song).

Dulcis in fundo (è proprio il caso di dirlo) l’infinita dolcezza strappalacrime di Somewhere Tonight, che va a chiudere, in un atmosfera da lentone per balli scolastici anni ’80, un disco che ti trasforma il cuore in un Lindor lasciato sul balcone ad Agosto. Ti rende anche un po’ più triste se vogliamo. Credo che andrò in bagno a piangere.

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