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Caspian – Dust And Disquiet

2015 - Big Scary Monsters / Triple Crown Records
post-rock

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Tracklist

01. Separation No. 2
02. Rioseco
03. Arcs Of Command
04. Echo And Abyss
05. Run Dry
06. Equal Night
07. Sad Heart Of Mine
08. Darkfield
09. Aeternum Vale
10. Dust And Disquiet

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Da qualche parte scrivevo che il post-rock è morto, e sono ancora fermamente convinto di questa mia affermazione. Il calderone del genere più ritrito del mondo si riempie ogni giorno di band clone e noia assortita, gente incapace di andare oltre (a che cazzo serve il suffisso post, altrimenti?) la strada battuta dai padri fondatori del genere, o anche solo di mischiare le carte in tavola al punto tale da cagar fuori un’opera che emozioni, che poi sarebbe il punto chiave della faccenda.

É proprio in momenti di stanca come questo che un disco come “Dust & Disquiet“, nuovo lavoro degli statunitensi Caspian, sembra dare respiro a chi, come me, ancora non riesce ad uscire dalla cloaca di un genere, per cocciutaggine, se volete, per curiosità, che cazzo ne so? Intanto si grida “al miracolo”. Non che ci sia del post-post (nessuno si aspetta un ritorno di influenze di Tortoise, Mogwai, Bark Psychosis o Slint, mica siamo nel Paese delle cazzo Meraviglie), ma proprio perché ad essere chiamato in causa è lo stupore dato da emozioni forti. E hai detto niente. Ma non è per affiliazione ad altro, o perché sto sbadigliando ancora adesso per il nuovo GY!BE, che questo disco, a mio modesto avviso, è una stracazzo di bomba. Nossignori. Questo lavoro vive di luce propria il cammino verso la bellezza. Di post c’è l’idea che la tradizione americana, e il modo di sferzare le corde di questo modus operandi “folk”, possa attecchire con facilità in un contesto diametralmente opposto, epico ed esplosivo, emotivo oltre i limiti e sintomo del non stare immobili.

Potete farvi un’idea di tutto ciò ascoltando “Run Dry” che null’altro è che un’acustica scheggia di americana pura al 99% (l’un percento rimanente lo lascio vagare nello spazio), asciutta (appunto) e priva di fronzoli, che stranisce all’interno di un simile contesto, e anche nell’arrivo della tromba in “Separation No.2”, che dona al tutto un tocco jazz-noir che manca quasi totalmente altrove ma che andrebbe sfruttato un po’ di più. Poi ci sono le “solite” giuste botte d’adrenalina sfiancante, come la furia esacerbante di “Arcs Of Command”, introdotta da ‘sta legnata synth electro-rock da pelle d’oca, che mostra il particolare che fa dei Caspian la band che ha capito perfettamente a cosa diamine servano tre chitarre in una band post-rock, non a creare inutili pad di melodia tutta uguale, bensì a delineare una situazione di tensione coercitiva e propulsiva, che passa da textures melodiche a randellate elettriche ottundenti, o ancora i tribalismi percussivi (tendenza batteristica alquanto inusitata nel genere) di “Darkfield”, accompagnati da rumore e melodia in egual misura. Ovvio che lo spettro della tradizione mogwaiana sia presentissimo nei momenti più melanconici, palesissimi nella romanticoneria di “Sad Heart Of Mine”, nonché nella calma apparente di “Rìoseco”, che rimane uno dei cardini dell’album, impreziosita da un violoncello di disarmante beltà, ma d’altronde il gioco del richiamo è un gioco divertente, se varia in questo maniera.

In fin dei conti nulla di nuovo sotto il sole, ma come per i loro compagni di merende Mono, sono la bellezza compositiva e di piccoli elementi di “nuovo” privi di stucchevole manierismo a rendere un disco come “Dust & Disquiet” uno dei migliori album di genere usciti negli ultimi anni.

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