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Infection Code – 00-15: L’avanguardia industriale

2015 - Argonauta Records
noise / industrial

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Tracklist

1. Martire
2. Cupavanguardia
3. Origine
4. Grigio
5. Infection Code "0015" (videoclip)

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Quindici anni sono tanti per chiunque. “Grazie al cazzo”, direte voi. Invece no, grazie al cazzo un corno. Per noi musicisti quindici anni sono un’eternità. Un’eternità che passiamo a tentare d’esistere, anzi, a continuare ad esistere. Non sono la stessa faccenda, e non è facile. Per nulla. Li passiamo a divorarci il fegato, a sanguinare sugli strumenti, a sudarci negli occhi che poi dal vivo non vedi né il pubblico né quello che fai, a incunearci nella giungla infinita di un mondo che assume proporzioni bibliche grazie/a causa del deep web, e in mezzo un enorme aracnide meccanico pronto a mangiarci appena ci fermiamo, appena tentiamo di tirare il fiato. Allora meglio non farlo, meglio guardare avanti e adattare il corpo al pensiero, muovendoci distruggendo, creando, respirando dolore e inspirando noi stessi.

Riassumo questo pensiero nella forma mentis degli Infection Code e nei loro primi quindici anni d’età battezzati dall’uscita del nuovo EP “00-15: L’avanguardia industriale”, disco che racchiude questi anni di massacro in non-musica e li esprime in quattro brani, che si piazzano come chiodi tra i tendini dei polsi e il metallo della croce di una macchina martirizzata, la macchina umana. Sono rivisitazioni di quanto espresso dal quartetto piemontese in questo cammino, è il passato che diventa presente futuribile, si sveste di spoglie avant per divenire über-avant. Il viaggio a metà tra flashback e flashforward parte proprio con “Martire” (fu “Martyr Millenium” dal disco “H.I.V. 999”), colata di rumore strisciante che sferraglia e smonta l’animo, anti-groove materia tra follia Einstürzende Neubauten e disgregazione Zeni Geva che lascia spazio per la zona neutrale di una galassia in decomposizione sulla successiva “Cupavanguardia” (unica traccia autogeneratasi nel disco) foriera di un silenzio in toni scuri, elettronica oltre il livello di guardia, figlia tanto degli scapes ritmici di Burial che delle trame più intricate di Bill Laswell, con la voce che è un sospiro che corre tra i cavi della macchina, e le impressioni qua vanno oltre la musica, mischiando Carpenter a Kubrik, e fanno male. Questo dischetto è un’opera senza pace, continua e debilitante e mostra lati inusitati della band, succede con il tribalismo meccanizzato della furiosa “Origine” (figlioletta di “Origin” dall’album “Sterile”, forse il mio preferito) che nasconde sotto ferali mattonate noise una melodia ancestrale che mostra muscoli d’ossidiana e ferisce a fondo. E da “Grey” nasce “Grigio”, pezzo che prende i Godflesh per la gola e li rinchiude in textures space-kraut atte all’estinzione dell’essere umano in quanto tale.

Appena adolescenti gli Infection Code hanno già detto molto più di tanti altri, magari già vetusti alla nascita, dimostrando che avanti a noi c’è ancora qualcosa. Anche in un futuro sotto una nuova cortina di ferro.

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