Si parta dicendo che questo lavoro è molto meno “grezzo” se paragonato ai suoi dischi del passato, complice forse la produzione di Paletti, perlomeno nel suonato.
Per quanto riguarda i testi, Il Re Tarantola è rimasto abbastanza strano: alcune parti non sembrano avere troppo senso, altre tendono al ridicolo, altre sono incredibilmente critiche e altre tanto ironiche da far pensare. Non è mica facile trovare qualcuno che si pone in maniera così scanzonata da rendere difficile prenderlo seriamente all’inizio e poi se ne esce con “in genere non credo nel sovrannaturale, ma qualcuno forse ha dei super poteri / come certi detenuti che da già morti sanno rompersi le ossa da soli”. Sa colpire a fondo nascondendosi in una fitta cortina di mancata serietà apparente.
Musicalmente si spazia abbastanza nei quattro pezzi dell’EP, Agguati è leggera e ritmata, Droga ricorda il surf rock degli anni 70/80, la title track è tendenzialmente più lo-fi con la chitarra che lancia lamenti per tutto il pezzo e la chiusura è lasciata ai ritmi e alla capacità di scatenarsi tipici dello ska.
Non è davvero facile descrivere un lavoro di questo tipo, ma una cosa è sicura: la qualità e l’intelligenza musicale abbondano, sebbene non sia per tutti coglierle, e Il Re Tarantola è abbastanza suonato da raccoglierle tutte in meno di dieci minuti.