Vengono da Portland, vestono l’abito sonoro di uno stoner rock fatto e finito, pestano ritmi come insegna l’heavy più vintage e corazzato, dai Bloodrock ai Black Mountain, con una vocalist wagneriana e carica di rabbiosa melodia, col risultato di un efficace contrasto timbrico memore degli ottimi e attualissimi Black Moth di Condemned To Hope.
Sette brani tortuosi, misterici, tra le cui pieghe atmosferiche si annidano riff rubati ai rozzi Kyuss di Wretch ed assoli distorti senza pause, non privi di un groove nascosto che prova, a volte invano, a non abdicare alla mera violenza dissonante.
Autorevoli gli oltre quindici minuti di continuità tra Nix, Holy Grove e Huntress, con concessioni spaziali incastonate tra valanghe blacksabbathiane.