Sono tornati i Rotting Christ. “Rituals” era uno dei dischi metal più attesi del primo scorcio di 2016 e non solo perché la band è una delle più influenti nella storia del genere e, in particolare, sulla scena (black) metal mediterranea, ma anche perché nell’ultima decade la band ci ha abituato a lavori sempre più complessi e a dei cammini spirituali che guardano all’antichità e, inevitabilmente, alla Grecia stessa come punti d’arrivo. Lo stesso Sakis Tollis aveva descritto “Rituals” come il lavoro più personale e oscuro della discografia della band.
Le fondamenta per edificare un ponte che porti dritti nel passato erano state già gettate nel passato e, infatti, “Rituals” è la naturale evoluzione degli ultimi due lavori. Sono tantissimi gli ospiti ed è per questo che la ricchezza delle linee vocali è uno dei punti forti dell’opera. Sakis Tollis ha scelto d’imperniare “Rituals” intorno a strutture vocali complesse: canti, cori, dialoghi, persino l’intervento di Danai Katsameni, attrice del Teatro Nazionale Greco, in “Elthe Kyrie”.
Per quanto attenga l’aspetto meramente musicale, invece, i Rotting Christ confermano quella tensione, emersa maggiormente negli ultimi temi, volta a cercare un equilibrio fra melodia e potenza. Di altissimo livello è la produzione così come la cura per gli arrangiamenti, ma il disco probabilmente non verrà amato da chi cerca, nella band, i riff pesanti e l’aggressività che hanno contraddistinto gran parte della discografia, a causa di un approccio generalmente più minimale della chitarra. A martellare è, in particolare, la batteria, ma le maggiori novità sono nelle atmosfere e nelle costruzioni vocali ossessive e ipnotiche. Emblematico è, da questo punto di vista, “Ze Nigmar”: il pezzo si carica d’un tono epico grazie alla profondità del riff e alla scansione del tempo ad opera dell’ottima batteria di Themis, mentre il testo, in aramaico, coincide con le ultime sette frasi pronunciate da Gesù sulla croce.
“Rituals” è un disco che include partiture di musica etnica greca, richiami alla letteratura, all’arte e alla storia della penisola ellenica, ma che rimane metal, nella forma come nella sostanza. Quello dei Rotting Christ è un ritorno in pompa magna con un disco che ha comprensibilmente richiesto parecchio tempo per essere completato e che non sarà facilmente riproducibile dal vivo, ma che, sebbene in alcuni passaggi ridondante sino a rasentare i limiti dell’autocitazione, risulta straordinariamente ispirato e complesso sotto ogni punto di vista.