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La Corte, di Christian Vincent


Scheda

Titolo originale: L’hermine
Nazione: Francia - 2015
Regia, soggetto e sceneggiatura: Christian Vincent
Fotografia: Laurent Dailland
Montaggio: Yves Deschamps
Musica: Claire Denamur
Genere: commedia Durata: 98’
Sito internet: http://www.gaumont.fr/fr/film/L-hermine.html
Cast: Sidse Babett Knudsen, Fabrice Luchini, Miss Ming, Berenice Sand, Claire Assali, Floriane Potiez
Produzione: Albertine Productions
Distribuzione: Academy Two
Nelle sale dal: 17 marzo 2016
Voto: 5.5

Il presidente della corte di giustizia Michele Recine, noto per la sua proverbiale inflessibilità, deve presiedere, pur se malato, un processo per infanticidio. Nella giuria che viene casualmente a comporsi riappare una sua vecchia conoscenza: l’anestesista Ditte Lorensen che diversi anni prima l’aveva assistito in ospedale a seguito di un incidente che gli poteva costare la vita.

Christian Vincent porta sul grande schermo una storia che saccheggia, almeno inizialmente, l’incipit de ‘Il portiere di notte’ di Liliana Cavani. A prendere il posto della giovane ebrea e del suo aguzzino sono qui un presidente di corte d’assise (Fabrice Luchini) e una giurata del quale questi s’era innamorato perdutamente molti anni prima (Sidse Babett Knudsen). Problema della pellicola la resa conclusiva, che perde parte della concentrazione del pubblico sul caso attorno al quale ruota il lavoro della corte del titolo, per la precisione un infanticidio avvenuto probabilmente per errore, trasformando il tutto in una narrazione lenta, eccessivamente compassata, costruita su eccessivi particolari e salvata solo in parte dall’ottima recitazione dello stesso Luchini, ‘L’ermellino’ cui si riferisce il titolo originale è il suo, ovvero quello che per dovere è obbligato a indossare per svolgere la sua professione. A reggere la recitazione dell’ interprete parigino si aggiunge l’attrice danese Sidse Babett Knudsen, nel ruolo di una madre single e devota al proprio mestiere di anestesista; una professione che svolge con grande e amorevole dedizione e scrupolo, capace, e qua risiede il secondo significativo limite della pellicola, di variare in breve tempo vita e opinioni di un uomo solitario come il presidente ‘a due cifre’, per via degli anni abitualmente inflitti ai colpevoli, che rapidamente sarà capace di ricredersi in merito sia al proprio modo di interpretare la vita sia per quel che riguarda il proprio lavoro.

Pellicola quindi inizialmente sospinta da una possibile ventata di aria di rinnovata freschezza ma che alla fine si spegne nel vuoto pneumatico di una sceneggiatura troppo frammentaria.

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