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Iggy Pop – Post Pop Depression

2016 - Loma Vista
rock / alternative

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Tracklist

1.Break Into Your Heart
2.Gardenia
3.American Valhalla
4.In The Lobby
5.Sunday
6.Vulture
7.German Days
8.Chocolate Drops
9.Paraguay

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“Post Pop Depression” è – o, almeno, dovrebbe essere – l’ultimo capitolo della folgorante carriera dell’iguana del rock Iggy Pop. Alla soglia dei settant’anni, con diversi decenni di carriera alle spalle, Iggy Pop sembra davvero pronto al congedo, dopo un periodo di latitanza dal mercato discografico e dopo alcune uscite probabilmente evitabili, fra cui l’effimera reunion con gli Stooges, le sperimentazioni di “Préliminaires” e le cover di “Aprés”. La collaborazione col compianto David Bowie sembrava aver chiarito l’attitudine, per Iggy Pop, a dare il meglio sé quando guidato da altri in fase di produzione e programmazione. “Post Pop Depression” arriva all’improvviso e con l’ingrata e pesantissima responsabilità di dover suggellare la carriera di una figura divenuta leggenda già negli anni settanta: per farlo, sir James Osterberg si è avvalso della collaborazione del Re Mida del rock moderno, quel Josh Homme (Queens Of The Stone Age, Eagles Of Death Metal) che, in vent’anni, come musicista e produttore ha sbagliato poco (o nulla). Uscire di scena non è facile: è una scelta coraggiosa. Onesta, verrebbe da dire, pensando ai tanti artisti che tentano strenuamente di ancorarsi al proprio nome per poter cercare di sparare le ultime cartucce, spesso con risultati non esattamente brillanti.

La partenza è col botto e regala subito buone sensazioni: stoner e crooning insieme in “Break Into Your Heart”, poi gli epici giri di basso di “American Valhalla”, in cui Iggy Pop pronuncia l’emblematica frase I’ve got nothing but my name e parla, contemporaneamente, di pulsioni sessuali e morte. (Neanche troppo) sottili prese per il culo all’idea della fine. “Gardenia” è infarcita di graditissimi echi Bowiani, “In The Lobby” suona molto Homme, “Sunday” è un’altra perla di modernissimo rock arricchita da una sorprendente chiosa orchestrale. Atmosfere nostalgico-decadenti nell’ispiratissima “Chocolate Drops”, grazie anche alle campane sullo sfondo.

E poi c’è la fine. Sei minuti, spirito incendiario. “Paraguay” enuncia i motivi per i quali James vuole cambiare vita: è stanco dell’Occidente, preferisce svernare in un luogo esotico. Wild animals… they do never wonder why. They just do what they goddamned do. Una frase in pieno stile Iggy è la summa di “Paraguay” e, per estensione, di tutto “Post Pop Depression”. Se per caso non fosse chiaro, è un gran bel disco. Ma non poteva essere altrimenti, con quei due: il senso di depressione alla fine dell’ascolto è reale, quasi tangibile. Perché Homme e Osterberg potrebbero ancora dirci altro, ma forse Iggy stavolta ha davvero deciso.

Nell’attesa di capirlo, non ci resta che alzare il volume e ascoltare “Post Pop Depression”, degna conclusione di una carriera storica.

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