Ecco gli eredi del fertile, se non putrido, manipolo del d-beat svedese, stile “metalcore” che tra 80 e 90 fu punto medio tra gli estremismi scandinavi del black metal e l’anarchica scena americana del death e del crust punk.
Nel caso dei Totem Skin il baricentro è sbilanciato veso le più crude marcescenze del corpse paint innevato, rileggendo le più tetre tendenze di Wolfbrigade e Totalitar, a cui si aggiunge una corrucciata vena progressiva che trova degnissima incarnazione nell’intricata selva incantata di I De Blindas Rike Är Den Enögde Kung, lunga peripezia strumentale per paganesimi medioerientali sovrapposti ad un Valhalla di rabbioso volume metallico: esemplare.
Funambolico poi l’attacco di due vocalist urlanti, che si scambiano rime in scream come fossero MC’s ospiti ad un sabbah per adolescenti al primo fumo. Una doppia bocca di fuoco che vomita nichiliste parabole di sopraffazione, miseria, sconfitta e paranoia, chiuse a chiave dentro una stanza da letto disfatta in cui stanno ancora i poster dei Discharge, di Lemmy e magari pure di Henry Rollins.
Per appassionati del genere, ma maturo e ben interpretato.