Quando alle redini c’è Pete Wareham, sassofonista e già leader dei Polar Bear, allora potete stare tranquilli. L’eclettica ed esplosiva formazione londinese giunge al secondo capitolo della sua storia in cui mantiene (per usare le parole dello stesso Wareham) “lo stesso bisogno di ballare”. Una frenetica danza con gli strumenti musicali e con sonorità varie.
Afrobeat, jazz, funk, rock: i Melt Yourself Down abbattono quei muri di diffidenza verso ciò che è lontano e diverso, mischiando Oriente e Occidente, Sud e Nord del mondo, mostrando di nuovo che siamo tutti uguali, specialmente di fronte alla dea Musica. Un mix multietnico, un caos solo apparente perchè alla base c’è uno studio accurato se pur eseguito con divertimento ed entusiasmo. Dall'”Africa” (?) di “Dot To Dot” a “The God Of You”, un bizzarro incontro tra punk e jazz dal sapore vagamente orientale, dai “Balcani” (?) di “Listen Out” ai ritmi forsennati di “Communication”, dalle discontinuità e i toni incalzanti di “Jump The Fire” all'”India” (?) di “Bharat Mata”, dal noise africano di “Big Children (Gran Zanfan)” al canto su di giri di “Body Parts”, concludendo con le percussioni scatenate di “Yazzan Dayra”: è un nuovo Paese quello della band di Londra, una nuova Nazione in cui etnie e radici musicali distanti convivono insieme, in pace e senza problemi.
Fondetevi anche voi in questa nuova esperienza musicale dalle mille sfumature.