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Train – Train Does Led Zeppelin II

2016 - Atlantic Records
hard-rock / cover

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Tracklist

1. Whole Lotta Love
2. What Is and What Should Never Be
3. The Lemon Song
4. Thank You
5. Heartbreaker
6. Living Loving Maid (She’s Just a Woman)
7. Ramble On
8. Moby Dick
9. Bring It On Home

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I Train realizzano un intero album di cover. Reinterpretano “Led Zeppelin II”, controverso ma leggendario lavoro della storica formazione britannica. Perché? Il motivo è più che valido in fondo: beneficenza. I ricavati vanno a Family House che si occupa di bambini malati di cancro e altre malattie gravi.

Liberiamoci dei pregiudizi verso le cover, verso un gruppo che mette le mani su un disco che appartiene a dei mostri sacri dell’intera storia del rock. E arriviamo alla conclusione che effettivamente è un bel lavoro, per quanto può essere bello un disco fatto solo di brani di altri. “Train Does Led Zeppelin II” è fedele, non sbaglia di una virgola, rispetta la grandezza del disco originale senza azzardare a sporcarlo con invenzioni proprie, indegne magari. La batteria di “Moby Dick” reincarna John Bonham, la voce di Patrick Monahan rivela un Robert Plant nascosto da qualche parte e inconfondibili doti canore inaspettate, il ruggito della chitarra è devoto a quello di Jimmy Page, e così via.
Non una sbavatura, combacia tutto quanto. Niente ghirigori, un’affezionata e precisa interpretazione da “Whole Lotta Love” a “Bring It On Home”. Un omaggio fatto con amore e con impegno. E forse con quel pizzico di paura di sbagliare, di ansia da prestazione, che ci spinge a dare il meglio di noi stessi.
Questo lavoro tira fuori qualità inaspettate dai Train. Perché il talento c’è. In ognuno di loro. Senza bravura d’altronde sarebbe saltata fuori una profanazione nel verso senso della parola, visto che si tratta dei Led Zeppelin e non del gruppetto di quartiere (con tutto il rispetto per il gruppetto di quartiere). Ma qui la profanazione non c’è: quella dei Train è una replica esatta di una puntata precedente dell’eterna serie tv del rock. Una venerazione verso uno dei tasselli fondamentali senza i quali i Train stessi non sarebbero mai esistiti.

Ma quindi qual è il problema? L’originalità. “Led Zeppelin II” è già stato fatto. Musicalmente dunque non si sentiva il bisogno di una copia (anche se ben fatta) di un disco che già ha dato tanto. Possiamo dire che il gruppo di San Francisco si è voluto semplicemente divertire, fermando per un attimo la produzione di roba nuova e facendo un tuffo nel passato, pescando un disco per il quale evidentemente nutrono un profondo amore. E, visto che proprio non ne hanno potuto fare a meno, allora è stato meglio farlo così, un doppione senza elementi aggiunti piuttosto che un ricamo assurdo che avrebbe potuto sottrarre potenza a quel “Led Zeppelin II”, sminuirne la leggenda.

In conclusione, bello. Davvero. Ma non necessario.

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