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The Melvins – Basses Loaded

2016 - Ipecac Recordings
rock / alternative / stoner

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Tracklist

01. The Decay Of Lying (Steve McDonald)
02. Choco Plumbing (Jared Warren)
03. Beer Hippie (Dale Crover, aka Melvins 1983 line-up)
04. I Want To Tell You (Steve McDonald)
05. Captain Come Down (JD Pinkus)
06. Hideous Woman (Steve McDonald)
07. Shaving Cream (Dale Crover, aka Melvins 1983 line-up)
08. Planet Distructo (Trevor Dunn, aka Melvins Lite line-up)
09. War Pussy (Steve McDonald)
10. Maybe I Am Amused (Krist Novoselic)
11. Phyllis Dillard (Dale Crover, aka Melvins 1983 line-up)
12. Take Me Out To The Ballgame (Dale Crover, aka Melvins 1983 line-up)

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I Melvins sono pronti a smentirmi in 3..2..1..Sì, perché nella mia recensione del disco “Mike & The Melvins” dicevo che bisognava andare a cercare indietro negli anni per trovare materiale davvero spaccaculo composto dalla band di King Buzzo e Dale Crover ma, d’altronde, chi cazzo sono io per mettere in dubbio il Re? E infatti eccoci qua al cospetto di quello che risulta essere, sempre secondo il mio (dubbio, a questo punto) giudizio il loro miglior album uscito dai tempi di “A Senile Animal” e che porta l’elefantiaco nome di “Basses Loaded”, aggettivo più che consono data la pachidermica pesantezza che permea questo lavoretto a mille mani. Mille no, ma è come se lo fossero, tutte intente a menar schiaffoni su altrettante bass guitars. Gli ospiti illustri sono DAVVERO illustri, parliamo infatti di Steven Shane McDonald (Redd Kross ma ancor meglio OFF!), Jared Warren (Big Business), Trevor Dunn, JD Pinkus (Butthole Surfers) e Krist Novoselic (dai, sul serio devo mettere tra parentesi la band di questo tizio?) e pure di qualche aggiunta batteristica con Coady Willis (esimio collega di Warren) e di Mike Dillard,  altro storico compare del Nostri.

I presupposti per un party hard di quelli in cui ti tocca svegliarti e divorare intera una confezione di aspirine per riprenderti ci sono tutti e infatti si parte col botto con “The Decay Of Lying” (primo con McDonald) che non solo è l’apripista ideale, ma è pure il pezzo migliore dell’album, lentissimo e luciferino, che accoglie tra le sue spire una melodia inaspettata, carezzevole cannonata elettrica che mostra il dito medio all’indie (termine da prendere in senso MOOOOOLTO AMPIO) tutto. Ancora McDonald per rimanere a fauci spalancate quando parte la cover di “I Want To Tell You” dei Beatles e la paranoia rock’n’roll è bell’e che servita. Arriva Dunn e il malanno lo segue come fosse la sua ombra, infatti “Planet Destructo” è una leggerezza di classe, rock classico infilzato da un signor contrabbasso che si tramuta presto in una jazzata nei pantaloni (chi ha orecchie, o occhi, per intendere…). Crover imbraccia il suo bel basso e ci va giù pesante sullo stomp doom di “Beer Hippie”, tanto epico quanto sotterraneo, stessa cosa vale per la splendida e stronza “Phyllis Dillard”. “Choco Plumbing” vede la premiata ditta Melvins/Big Business tornare in gran spolvero e via di manate punkeggianti, mentre Novoselic mette mano, basso ed accordion nella non troppo riuscita redneckata “Maybe I Am Amused”, giusto per non farmi cambiare idea su quanto mi dia noia la gente uscita da quel gruppo là in cui cantava quell’altro tizio chiamato Kurt Cobain. Ma nessun problema, Pinkus rimette le cose al loro posto con la violentissima “Captain Come Down” e perdoniamo tutto.

Aspettate che apro un’altra confezione di aspirine e rimetto su il disco.

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