Proprio quando pensi che una band come i Russian Circles abbia già sfoderato i numeri migliori ecco pronto un nuovo disco a smentirti seduta stante. Mantenere alto il livello per un gruppo strumentale di questo tipo è un’impresa tra le più ardue possibili, ma la premiata ditta Cook/Sullivan/Turncrantz riesce sempre nell’intento di imprimere su supporti adeguati la giusta dose di bellezza.
Arriva dunque “Guidance”, sesto disco in studio e terzo per Sargent House del trio dell’Illinois(e). Se la morbidezza (relativa) di “Memorial” è passata quasi in secondo piano, è nella violenza (talvolta silenziosa), e in una sostanziosa dose di epicità, che risiede la forza di questo album, forti anche dello zampino ruvido di Kurt Ballou. Il tiro è altissimo e i cambiamenti arrivano, quasi impercettibilmente, per poi deflagrare senza pietà alcuna. Il lavoro si snoda tra violente sassate in pieno volto (prendete ad esempio la feroce “Vorel” e i suoi micidiali stomp elettrici e la tesissima “Calla”), deliziose incursioni math-rock ultra emotive (la splendida “Mota” è un tocco di classe aliena, oltre ad essere il momento più lampante del cambiamento di cui sopra così come la sensazionale “Afrika”), lontane eco post-rock delicato e cristallino (“Overboard” è un vero e proprio viaggio interstellare) ed epiche discese agli inferi (lo sludge lucente della conclusiva “Lisboa” potrebbe risvegliare i morti solo per farli piangere). Il tutto è dosato con una maestria indescrivibile e lontano da qualsivoglia momento di stanca e non fa rimpiangere alcuno dei capitoli della passata discografia dei Nostri.
Nuovi senza snaturarsi, i Russian Circles riducono all’osso il proprio verbo in una naturale propensione alla distruzione emotiva dell’ascoltatore. Abbiamo tutti gli ingredienti adatti a goderne per molti mesi senza stancarci un attimo. Se il tutto è coronato dall’artwork del sodale di Chelsea Wolfe Ben Chisholm allora anche gli occhi han la loro parte.