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FARM FESTIVAL – Masseria Papaperta, Castellana Grotte (BA), 10-12 agosto 2016

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“Cinque anni di Farm Festival, cinque anni di musica, danza, pittura, fotografia, cinema, meeting, skywatching… ogni angolo della splendida Masseria Papaperta vi sorprenderà: vi aspetta il Farm più bello di sempre”.

Era questa l’ermetica presentazione di uno dei Festival più innovativi, interessanti ed attesi di tutto il cartellone estivo pugliese. Grande l’ambizione di fare della quinta edizione la migliore di sempre, perché, in questi anni, il livello è sempre stato alto e le risposte del pubblico mai deludenti. Come di consueto, la cornice era quella di Masseria Papaperta, caratteristica azienda rurale situata nel cuore pulsante della zona turistica della Valle d’Itria, al confine fra i territori di Alberobello e Castellana Grotte, immersa nel verde e circondata dai trulli. Corposo, come sempre, il programma: non solo le esibizioni di tante belle realtà di musica indipendente non soltanto nazionale, ma anche dj set e live set, conversazioni, interviste, mostre, balli e molto altro, fino a diventare un’esperienza sensoriale a 360 gradi, una tre giorni dedicata alla celebrazione di tutte le forme d’arte. Grande partecipazione anche quest’anno, sebbene il pubblico non si sia equamente distribuito nel corso dei tre giorni: l’epicentro emozionale del Festival è coinciso con il live di Cosmo, in grado di trascinare come nessuno degli altri in lineup.

Nel fresco pomeriggio del 10 Agosto, mentre il sole scivolava dietro i trulli e il verde, si apriva la quinta edizione del Farm: protagonisti i Think About It, formazione barese che concilia un cantato sospeso fra rap e soul ed elettronica liquida. Buona la loro prestazione, di fronte a un pubblico ancora esiguo che ha dimostrato d’apprezzare l’autenticità della proposta e la ricercatezza dello stile. Masseria Papaperta abbracciava così i presenti. E nulla era lasciato al caso: dalla disposizione degli stand food & beverage e dei palchi all’offerta enogastronomica, dalla scelta degli ambienti per le mostre, le esposizioni e il suggestivo skywatching alla timetable. Fra un’esibizione e l’altra, di fronte al palco principale, ad animare il quarto d’ora per il cambio palco ci sono stati eleganti spettacoli di danza aerea della Compagnia Eleina D. Le evoluzioni erano impreziosite dal fascino naturale delle stelle cadenti, che tracciavano scie luminose e colorate sul fondo blu del cielo pugliese.

A condurre verso l’esibizione più attesa della serata sono stati i Mary In June: la band capitolina ha meritato gli applausi offrendo quasi un’ora di noise rock contaminato di post, con trame sonore visionarie e ritmi sostenuti. A calcare il palco, dopo un intervallo nuovamente dedicato alla danza aerea, è stato Dargen D’Amico. L’artista milanese è stato autore della migliore prestazione della prima giornata di Farm Festival, nonché di una delle migliori anche considerando i due giorni successivi. Il suo inconfondibile stile, che lui ama definire “cantautorap”, è stato apprezzato in modo particolare e i presenti hanno manifestato un grande calore per tutta l’esibizione. Tanti erano lì per cantare le sue canzoni, ma il suo live è stato salutato positivamente da tutti. Coinvolgente e dotato di un’enorme presenza scenica, Dargen D’Amico ha ribadito d’esser uno dei rapper più importanti e più originali sulla scena italiana. Nessuna sbavatura, nemmeno in “Modigliani”, ultimo pezzo in scaletta, realizzato “a tempo scaduto”, dopo le insistenti ma educate richieste dell’artista che sembrava non voler abbandonare il palco come segno di gratitudine per gli applausi e gli apprezzamenti ricevuti. Primi ospiti internazionali sono stati gli Yuck, prolifica formazione londinese che ha pubblicato quest’anno il suo terzo disco in appena un lustro. Il loro indie/garage, seppur appetibile per un pubblico piuttosto ampio, non ha coinvolto particolarmente i presenti, al punto che c’è stato chi ha preferito attrattive diverse. Gli Yuck hanno presentato i pezzi del loro ultimo disco e anche qualcuno estratto dai due precedenti, mostrando una buona tecnica e una discreta attitudine al live. Attivo dalle 19, invece, l’Underground Stage è stato sede del panel con Dargen D’Amico e dei live degli Elektrojezus e di Sidi. Nel mezzo, Vodkatheduck ha proposto una selezione di world music, utilizzando come supporto solamente il vinile. Dall’una in avanti, il DJ Set di Rais a tema bass music ha chiuso la prima serata di Farm.

Il secondo giorno di Festival, quello più atteso, è stato condizionato dal maltempo, che ne ha addirittura minacciato lo svolgimento. I temporali pomeridiani, che hanno interessato tutta la zona, si sono comunque esauriti nel tardo pomeriggio: nonostante le temperature non certo estive, come da previsione Masseria Papaperta era affollatissima. Necessari piccoli cambi di programma, come lo spostamento dell’Underground Stage nella zona antistante i trulli e lo slittamento del live dei Joe Victor (in programma sul palco principale) al 12 Agosto. Ad inaugurare la serata, il panel con Cosmo sulla produzione discografica in Italia, a cui ha fatto seguito la selezione di musica dub e reggae curata da Davy Roots della Cultural Sound Crew. Gradevole l’esibizione dei Policrom, che simpaticamente avevano confessato l’auspicio di terminare prima dell’inizio del concerto di Cosmo. Non è accaduto quel che i Policrom speravano, ma per Cosmo è stato comunque bagno di folla. Che “L’Ultima Festa” sia uno dei dischi italiani più apprezzati dell’anno è cosa nota, ma non immaginavamo una partecipazione così intensa, nonostante le premesse fossero ottime già nei giorni precedenti. Il piccolo miracolo di Cosmo è stato quello di unire basi elettroniche tutte da ballare e house a testi pop che esigono d’esser cantati ad alta voce: il risultato è che, dal vivo, l’atmosfera si fa davvero straordinaria. Nessuno fermo, nessuno in silenzio, mentre la prima parte di scaletta scivolava fluida con quasi tutti i pezzi della sua ultima fatica discografica. Se non durante le strofe, su tutti i ritornelli si levava un solo fortissimo coro. Da “Cazzate” a “L’Ultima Festa”, passando per “Regata 70”, “Le Voci”, “Dicembre”, “L’Altro Mondo” e “Impossibile”, il copione vedeva Cosmo autentico trascinatore di una folla mai doma e in movimento incessante. Cosmo ha dilatato i pezzi, concedendo parentesi solo elettroniche di grande impatto: i ritmi tesi incalzavano, il pubblico rispondeva con calorosi applausi. A suggellare quello che, con ogni probabilità, è stato il miglior live della tre giorni di Festival, sono stati due pezzi estratti da “Disordine” e arrivati in reprise: “Le Cose Più Rare” e “Ho Visto Un Dio” hanno rappresentato un altro grande momento del concerto di un artista portatore sano d’allegria. Cosmo ha confermato il suo saper stare benissimo sul palco: il torinese è in un ottimo stato di salute ed è consapevole della necessità di una grande resa dal vivo del suo ultimo disco, che si presta particolarmente a questo tipo di contesto. Ospiti principali del secondo giorno erano i Public Service Broadcasting, duo londinese nato all’alba di questa decade e con all’attivo già due dischi. L’ultimo, pubblicato l’anno scorso, ha dimostrato la capacità della band di caratterizzare in maniera netta i propri lavori: se l’esordio, nel 2013, aveva proiettato la band in più d’una rituale classifica di fine anno, complice l’effetto-sorpresa del debutto, “The Race For Space” aveva confermato la spiccata creatività e la naturale propensione a una sperimentazione mai smaccata degli inglesi, capaci di coniugare un linguaggio documentaristico e un sound ricco d’intarsi e sfumature. Wrigglesworth e J. Wilgoose  hanno salutato il pubblico affidandosi a una voce campionata, poi è iniziato il concerto vero e proprio, la cui scaletta era composta prevalentemente da brani di “The Race For Space”, disco che racconta la guerra fredda. Dal vivo, i Public Service Broadcasting hanno incendiato il prato ancora umido per la pioggia, producendo trame post rock infarcite d’elettronica e dal sapore vagamente kraut senza soluzione di continuità. Grande intensità per quella che è stata una delle esibizioni più apprezzate del Farm 2016: l’anima danzereccia del sound dei PBS è venuta fuori in pezzi come “Sputnik”, mentre il tono funereo di “Fire In The Cockpit” (racconto della tragedia dell’Apollo 1 nel 1967) ha anticipato l’incedere simil-funk di “Gagarin”. La sensazione comune è che sia stato un live godibile, nei passaggi più concitati come in quelli più ballabili. Mentre il dj set di Andrea Mi faceva ballare tutti nella zona coperta, i Joe Victor si esibivano a sorpresa in uno stand, regalando un’anticipazione del concerto del 12 Agosto e chiudendo a loro modo la seconda giornata.

La terza e ultima giornata è stata interamente dedicata alla musica elettronica e ha visto una partecipazione maggiore di quella del primo giorno, inferiore a quella del secondo: tutto come da previsione, ad eccezione delle esibizioni sul palco principale che sono state cinque, anziché quattro.
Aperta dal panel con Pigro On Sofa, la serata ha visto il ritorno dell’Underground Stage nel suo habitat naturale, calcato anche dai Nirowa e teatro dei dj set dei Funky Bros, autori di una selezione afrobeat, funk e soul, di Zod e dello stesso Pigro On Sofa.
Poco più in là, i baresi Neera aprivano le danze al tramonto sul Main Stage con il loro elettropop, poi è stata la volta di Sofia degli Iori’s Eyes, da poco attiva col suo progetto solista L I M, caratterizzato da suoni elettronici morbidi e avvolgenti. C’è stato spazio per il folk rock dalle spesse venature blues dei Joe Victor prima delle sperimentazioni elettroniche dei piemontesi Niagara. Autentico mattatore della serata è stato Matt Cutler aka Lone, con la sua elettronica in perenne tensione fra house e IDM, ma impreziosita da escursioni breakbeat.

È stata un’altra grande edizione del Festival organizzato da Piccola Bottega Popolare: la crescita costante ha fatto del FARM un evento irrinunciabile per molti pugliesi e il successo è ampiamente meritato. È il trionfo dell’arte in uno spazio meraviglioso, capace, quest’anno, di battere anche maltempo e concorrenza. Tanto da cantare, tanto da ballare, tantissime sensazioni positive. Seppure in colpevole ritardo, sintetizziamo con una frase presa in prestito da Max Bloom, frontman degli Yuck: “Farm Festival, trulli a good time”

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