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Soul Food #5: BECK is back

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Avete presente quella sensazione di leggero languore latente che vi sorprende nel bel mezzo del cammin di vostra vita? Quel piccolo vuoto allo stomaco che vi costringe ad alzare le chiappe dalle vostre sedie, che spezza la concentrazione faticosamente
mantenuta sul vostro lavoro o sul libro che tentate di studiare, cercando di ignorare il sole che splende fuori dalla finestra mentre il vento spettina le chiome degli alberi e la primavera infiamma i corpi giovani e sodi dei ragazzi e delle ragazze che si immergono nei suoi aromi. Quella leggera fame che vi porta speranzosi verso il frigorifero, che vi fa compiere tre quattro cinque giri della cucina in cerca di quella cosa in grado di soddisfarla ma che sembra non esserci mai quando ce n’è bisogno. Quel languorino che vi porta a mangiare prima un cioccolatino – magari un piccolo ovetto di Pasqua avanzato dal sacco da due chili che vostra madre o vostra nonna o vostra moglie ha comprato dal droghiere o al supermercato – poi un pezzetto di quella torta che ha portato il vostro amico l’altro giorno, poi perché no anche un kiwi o un gambo di sedano, ché si sa frutta e verdura fanno bene e poi certe cose danno proprio soddisfazione. Insomma, va a finire che nel giro di quindici minuti quello che era solo un leggero languore vi ha portato a spiluccare senza criterio tutto quello che di commestibile siete riusciti a trovare in cucina, tanto che alla fine vi fate un po’ schifo da soli mentre ve ne tornate verso la vostra scrivania con lo stomaco pieno eppure ancora insoddisfatti, in preda a quella fame latente rimasta insaziata, chiedendovi come sia possibile mangiare e non sentirsi comunque sazi. Fare uno spuntino a un certo momento della giornata è importante, ma non di solo cibo vive l’uomo e il corpo non è l’unica cosa ad aver bisogno di nutrimento costante. Anche l’anima vuole la sua parte e di cosa si nutre se non di arte e cultura? Fra le pagine di questa rubrica potrete trovare quel che serve per dare sollievo a quel piccolo e impertinente languore che vi tortura nei momenti meno opportuni. Gli artisti: la loro vita e la loro musica. Il modo in cui la prima ha influenzato la seconda e viceversa. Musica e letteratura per saziare la vostra fame di Spirito. Soul food.

Soul Food #5 – Beck is back

Libri, dischi, quadri, sculture. L’arte è in grado di influenzare la vita delle persone tanto quanto quest’ultima determina l’arte stessa. Una simbiosi inestricabile ma asimmetrica: si può avere vita senza arte, ma non arte senza vita. Molti di noi possono dire che un libro, oppure un disco, persino una sola canzone, sono stati capaci di dare una nuova direzione al nostro percorso. Nuove tinte ai nostri sfondi, nuove prospettive e speranze, nuovi scopi. Questo è uno degli effetti principali dell’arte, della musica in particolare, quando smette di essere un semplice sottofondo delle nostre vicissitudini quotidiane per trasformarsi in tema ispiratore del nostro vivere. La storia di Beck dimostra come una sola canzone, quella giusta, può bastare a stravolgere le sorti di un singolo individuo.

Beck

Beck Hansen, al secolo Bek David Campbell (sic), nasce a Los Angeles nel 1970 in una famiglia non proprio convenzionale. Il padre, David Richard Campbell, è un compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra canadese ben piazzato nell’industria musicale, con alle spalle collaborazioni su centinaia di dischi d’oro e platino nonché due oscar per colonne sonore di film. La madre, Bibbe Hansen, è un’artista e attrice americana, figlia della poetessa Audrey Ostlin e di Al Hansen, pioniere del movimento artistico Fluxus che annoverava fra i suoi militanti anche Yoko Ono. Negli anni ’60, Bibbe gravitava intorno alla Factory di Warhol, recitando in alcuni suoi film e ballando per i Velvet Underground. Negli anni ’70 fondò un gruppo punk, i Black Fag, parodia dei famosi Black Flag. La relazione fra la Hansen e Campbell non funziona e, dopo il divorzio, Beck va a vivere con la madre. Durante l’infanzia, viene sballottato fra la casa dei suoi nonni paterni in Kansas, presbiteriani di ferro preoccupati per la situazione famigliare in cui il piccolo B. si trovava a crescere, e i ben più allegri nonni materni. Quando era in compagnia di questi ultimi, Beck passava molto tempo a osservare il nonno Hansen che metteva insieme quadri e sculture di donne nude utilizzando i materiali di riciclo più disparati. Oltre all’influenza del nonno materno, per la sua formazione artistica si rivelò fondamentale la scoperta della musica di Mississippi John Hurt, che lo portò a rinchiudersi per mesi in casa cercando di padroneggiare la sua particolare tecnica di finger picking.

Da adolescente, dopo aver abbandonato gli studi, si barcamena fra lavori pidocchiosi a paga minima mentre si cimenta nelle sue prime esibizioni dal vivo sugli autobus di L.A., suonando Mississippi John Hurt con testi improvvisati. Nel 1989, decide di partire alla volta di New York, con otto dollari in tasca e una chitarra a tracolla. Qui, nell’East Village, entra in contatto con gli ultimi superstiti della prima ondata antifolk americana e trova quello che andava cercando, la fusione fra musica punk e chitarra acustica. Ciononostante, la vita nella Grande Mela, senza soldi e senza fissa dimora, si rivela ben presto troppo dura e nel 1991 Beck torna a Los Angeles, dove trova lavoro come commesso in un videonoleggio del quartiere di Silver Lake. Le sue mansioni principali consistevano in cose del tipo sistemare in ordine alfabetico film porno per quattro dollari all’ora. Nel frattempo, iniziò a esibirsi nei locali della zona per pochi minuti durante i cambi palco fra un gruppo e l’altro, mettendo in scena quelle che spesso finivano per assomigliare più a installazioni artistiche che a canoniche esibizioni cantautoriali. Per esempio, in un’occasione cosparse il palco di foglie secche, per poi soffiarle sul pubblico con uno di quegli attrezzi infernali che si usano per rimuovere le foglie dalle strade. Al contrario di quello che si può pensare, in questo periodo il pensiero di Beck era focalizzato sul trovare un lavoro che gli consentisse di passare da una paga minima di quattro dollari l’ora a cinque. Sfondare nel mondo della musica non era in programma. Le sue esibizioni erano puri e semplici sfoghi di una creatività innata ed esuberante, covata in seno a quella famiglia di artisti in cui si era, bene o male, trovato a crescere. Risultato di questi anni è l’album “Golden Feelings”, pubblicato nel marzo del 1993 per l’etichetta indipendente Sonic Enemy, del quale verranno stampate tremila copie, due terzi delle quali senza il consenso dell’autore. Fu in questo periodo che Beck entrò in contatto con i proprietari della Bong Load Records e della Rap-A-Lot Records, dalla cui collaborazione nacque la futura hit “Loser”.

Il successo della canzone fu tanto inaspettato quanto istantaneo e nel giro di poco tempo tutte le radio alternative di L.A. iniziarono a trasmetterla senza sosta. Beck stesso faticava a capacitarsi di come una “canzonetta”, registrata smanettando con il registratore a otto tracce di un amico, potesse avere un tale successo. Contro la volontà e le intenzioni dell’autore, la canzone venne presto interpretata dalla maggioranza del pubblico e degli speaker radiofonici e televisivi come un “inno degli scansafatiche”, anche se del lavativo Beck non aveva proprio nulla, essendo stato costretto a lavorare per sopravvivere fin dall’adolescenza. In breve, alla notorietà tanto rapidamente acquisita seguì il corteggiamento delle etichette più importanti, che terminò con la firma per la DGC di David Geffen, il quale concesse a Beck un contratto molto elastico che, al prezzo di un minor guadagno, gli consentiva la libertà di continuare a registrare e pubblicare materiale sperimentale per piccole etichette indipendenti. Grazie a questo accordo nei mesi precedenti e successivi all’uscita di “Mellow Gold”, suo esordio ufficiale per la DGC che ha venduto solo negli USA più di un milione di copie diventando disco di platino, Beck pubblica altri due album per etichette indipendenti: “Stereopathetic Soulmanure” (1994, Filpside) e “One Foot In The Grave” (1994, K). Sfruttando la notorietà raggiunta grazie al singolo “Loser”, traccia di apertura di “Mellow Gold”, questi due album riescono a vendere qualche centinaio di migliaia di copie, senza tuttavia ottenere il successo del loro fratello maggiore.  “Odelay” (DGC) vede la luce nel giugno del 1996. Chiuso il capitolo delle pubblicazioni parallele sotto etichette indipendenti, questo è l’album che consacra una volta per tutte Beck nell’Olimpo degli artisti alternativi, con più di due milioni di copie vendute solo negli Stati Uniti. Il valore artistico dello stile eclettico e vorace di Beck, capace di ingurgitare e rielaborare con sorprendente fluidità i generi musicali più disparati, viene ufficialmente riconosciuto. Seguono “Mutations” (1998, DGC/Bong Load) e “Midnite Vultures” (1999, DGC), due album dal carattere piuttosto spensierato che ottengono un buona risposta di critica e vendite discrete, senza tuttavia replicare i grandi numeri di “Mellow Gold” e “Odelay”.

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Nel 2002 Beck torna sulla scena con l’intimo e malinconico “Sea Change” (Geffen), figlio della separazione dalla sua compagna di lunga data, Leigh Limon. L’album ottiene un ottimo giudizio dalla critica. Con il successivo “Guero” (2005, DGC/Interscope) le sonorità cambiano drasticamente e ci restituiscono un Beck dei primi tempi in grande forma. Esemplificative sono le canzoni “E-Pro”, “Girl” e “Hell Yes”. Dell’album esce anche una versione remixata, “Guerolito”. Nel 2006 esce “The Information” (Interscope), una buona prova in cui l’elettronica assume un ruolo più importante rispetto ai precedenti lavori, seguito da “Modern Guilt” (2008, DGC/Interscope) che si dimostra essere piuttosto sottotono rispetto alla produzione complessiva di Beck. Da qui al successivo album l’attesa è lunga, ben sei anni, ma i risultati l’hanno resa più che giustificata. Nel 2014 esce “Morning Phase”, che sancisce la rottura dei rapporti con la Geffen e l’inizio di una nuova avventura sotto la Capitol/Virgin EMI. Le atmosfere di “Sea Change” vengono qui riproposte con un approccio più maturo e ponderato, meno incline alla malinconia pervasiva, quasi prepotente, che aveva segnato l’album della fine del grande amore. Il disco ha ricevuto ottime risposte di pubblico e di critica e si è aggiudicato tre Grammy per “Album of the Year”, “Best Engineered Album” e “Non-Classical and Best Rock Album”. Nel lasso di tempo che separa “The Information” da “Morning Phase”, Beck lavora su “Song Reader” (2012), un progetto molto particolare libro di spartiti di musiche composte da Beck, pensate per essere suonate da altri musicisti. Infatti, non esiste una versione studio dell’opera, tuttavia è possibile inviare la propria interpretazione delle singole canzoni attraverso il sito www.songreader.net. Nel 2013, Beck ha tenuto tre concerti durante i quali ha suonato i materiali di “Song Reader” insieme a vari ospiti ed è in programma la pubblicazione di una compilation di versioni delle canzoni suonate dai fan, comunque ancora non annunciata. Fra ottobre e novembre di quest’anno è prevista l’uscita dell’ultimo disco di Beck del quale, al momento in cui questo articolo viene scritto, non è ancora stato comunicato il titolo ufficiale. Nel frattempo, il singolo “Wow” ha fatto la sua apparizione sia in rete che nella scaletta dei concerti, presentandoci e facendoci pregustare un Beck rinnovato, nel look e nel sound.

La storia di Beck ci insegna che per diventare qualcuno nella vita è sufficiente essere se stessi. L’autoironia che fa da sfondo a “Loser”, la canzone che ha cambiato per sempre la sua vita, è stata la chiave che gli ha permesso di aprire la porta del successo. Prendersi troppo sul serio porta ad avere seri problemi con noi stessi e di conseguenza con il prossimo, poiché soltanto chi è amico di sé stesso può essere amico di tutti.

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