Dopo l’ascolto di una stranezza come il secondo album degli ICSIS è difficile pensare che dalla Francia possa arrivare, nello stesso momento, qualcosa di ancora più “drôle”; ma evidentemente gli scantinati della Atypeek e della Becoq sono ben riforniti di bizzarrie assortite.
L’astrattismo primitivista di questo classico power trio chitarra-basso-batteria potrebbe essere la trasfigurazione di una tela di Van Vliet, così come una degenerazione della Magic Band stessa in una blanda jam band senza direzione. Un crocevia spigolosissimo di free form, rumorismo industriale, post rock e intricate figure jazz, per tre brani strumentali che ripiegano su versioni lillipuziane di Chrome, Fushitsusha e Dead C., perennemente ricadenti su loro stessi, tra silenzi, pause, spossatezze ritmiche e rumori disgreganti e disomogenei.
Mezz’ora di nevrosi facile facile.