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Crystal Fairy – Crystal Fairy

2017 - Ipecac Recordings
sludge / alternative

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Tracklist

1. Chiseler
2. Drugs on the Bus
3. Necklace of Divorce
4. Moth Tongue
5. Crystal Fairy
6. Secret Agent Rat
7. Under Trouble
8. Bent Teeth
9. Posesión
10. Sweet Self
11. Vampire X-Mass


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Sembra che da qualche anno uno dei passatempi preferiti di musicisti già attivi in band  affermate o comunque con una più o meno lunga ed autorevole esperienza alle spalle, sia quello di formare così detti “supergruppi”, a  volte di qualità onestamente discutibile, altre invece per fortuna con risultati degni di nota. I Crystal Fairy sono appunto un nuovo supergruppo composto da Buzz Osborne e Dale Crover (chitarra e batteria dei Melvins), Omar Rodriguez-Lopez degli At The Drive-In/Mars Volta (curiosamente al basso invece che alla sei corde) e Teri Gender Bender alla voce, quest’ultima proveniente dal gruppo garage-punk Le Butcherettes. Fortunatamente i Crystal Fairy rientrano decisamente nella seconda categoria di cui sopra.

L’esordio di questo riuscitissimo melting pot artistico americano/portoricano/messicano, edito dalla Ipecac di quel genio folle di Mike Patton, riprende principalmente il sound pachidermico, marchio di fabbrica della band di King Buzzo, aggiungendogli un pizzico di psichedelia malata, alternative rock/noise anni 90, schegge di punk-rock ed un lieve retrogusto pop. Il principale pregio dei brani che compongono il disco è quello di riuscire a far convivere insieme la pesantezza dei riff marcatamente sludge di casa Melvins, con l’aggiunta di un tocco di raffinatezza, imprevedibilità e spensierata leggerezza che contribuisce a rendere il tutto un po’ meno plumbeo, sporco e tipico di sonorità così normalmente asfissianti, pur rimanendo un disco tosto, duro e puro . Ciò è reso possibile dalla vera sorpresa del disco, vale a dire la fresca voce di Teri Gender Bender, vero e proprio valore aggiunto della band, che sa essere sia disturbante, psicotica e carica di energia quanto sexy, suadente e delicata.  Questa curiosa peculiarità è evidente nel brano omonimo che ha dato anche il nome alla band, nel quale, dopo un intro di chitarra abrasivo tipico del capellone di Seattle che prosegue nella strofa e nel ritornello, l’intermezzo ci trasporta verso lidi decisamente meno fangosi, ma più dilatati e rarefatti, una parentesi prima del carico finale.

La punk Chiseler è l’opening track, veloce e tirata, un ottimo biglietto da visita, dove si può già notare anche un’altra caratteristica: le linee di basso emergono spesso per originalità, in certi frangenti sono addirittura piacevolmente inusuali. Probabilmente questo è dovuto al fatto che Omar Rodriguez Lopez, altro “buffo” capellone mica da poco, è un chitarrista di base ed a volte sembra infatti quasi suonare le quattro corde come una chitarra. Esempio lampante è Drugs on the Bus, dove davvero la sezione ritmica è da applausi a scena aperta e nella quale il basso non solo contribuisce a creare il tappeto ritmico sonoro, ma anzi, arricchisce la canzone con sfumature e colori normalmente più tipici della sei corde, rendendolo uno dei brani migliori dell’intero lotto.

Necklace of Divorce è un viaggio dal mood dark ed ansiogeno con sprazzi di melodia dettati dalle sempre ottime linee vocali di Teri Gender Bender, che sale in cattedra qui e nella successiva e quasi stoner Moth Tongue, dove ancora una volta si sente l’influenza della premiata ditta Osborne/Crover in fase di songwriting. Denominatore comune molto forte anche nello sludge metal cadenzato e spaccaossa di Bent Teeth o di Secret  Agent Rat, quest’ultimo unico brano cantato in lingua spagnola (Teri Gender Bender è messicana) e dove il timbro di voce della giovane punk ricorda vagamente lo stile di Cedric Bixler Zavala, altra metà principale e costituente degli At The Drive In/Mars Volta .

Dopo la psicotica e malata Under Trouble, probabilmente il brano che si differenzia maggiormente dagli altri e che sembra scritto direttamente in un ospedale psichiatrico, si va verso la fine del lavoro con la veloce cavalcata di Posesion, cantata insieme da Buzz e Teri, e con la maliconica e suadente Sweet Self. Il tutto viene chiuso in maniera brillante ed energica dalla sfuriata punk di Vampire X-Mas.

Quello dei Crystal Fairy è un esordio grandioso, da ascoltare assolutamente a volumi imbarazzanti, ricco di sfumature diverse e che farà sicuramente la gioia di molti appassionati di certe sonorità “alternative”. Ed è soprattutto un disco onesto e sincero, lontano da pianificazioni a tavolino e da mosse commerciali per richiamare l’attenzione di fans più o meno nostalgici.  
Non ci è dato da sapere al momento se e quanto sarà estemporaneo questo progetto, né se si avrà la fortuna di vederli dal vivo, in particolare dalle nostre parti, o ancora se ci sarà un seguito, ma sarebbe davvero un peccato se fosse solo una sporadica parentesi della carriera di questi  incredibili e schietti musicisti.

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