Un “jingle-jangle morning” (Low Birds… o low Byrds, magari…) che sta tranquillamente immerso fino al collo nella Gran Bretagna di metà anni ‘60.
Triangolazione tra la nascente psichedelia semi-acustica di Donovan, del Lennon di Revolver, del Syd Barret più lucido; poi la filastrocca in minore di Ray Davies e l’ombra cinese di uno stralunato folksinger freak con un occhio ai Simon & Garfunkel di Parsley, Sage, Rosemary And Thyme. Tutto, sia chiaro, in scala 1:10.000, per restituire la forma e la grazia di un piccolo, curato album di folk sognante prodotto dalle dita sapienti di un artigiano appassionato, che ha il pregio di non nascondere la calda vena mediterranea della nativa Cagliari. A fianco dell’uomo dietro al moniker Seacrash, Antonio Littarru, un bella cornice di ottimi collaboratori: Aldo Figus, Diego Macis, Marco Pruna, Michela Pastafiglia, Silvia Cristofalo e Nicola Piras.
Aria di primavera, di polline nell’aria, di dream pop dalla fanciullesca fragranza elettro-acustica.