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Marche Funèbre – Into The Arms Of Darkness

2017 - BadMoodMan Music
doom metal

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Tracklist

  1. Deprived (Into Darkness)
  2. Capital of Rain
  3. Uneven
  4. Lullaby of Insanity
  5. The Garden of All Things Wild

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Si chiude così il video di “Lullaby of insanity” dei Marche Funèbre: con un carillon bianco avvolto nella nebbia…una delicata ballerina che gira su se stessa…e la musica sulla quale danza leggera è la Marcia Funebre di Chopin… quella che nella Sonata n.2 op.35 aveva sconvolto i canoni della classica marcia funebre, dove la solennità pubblica e la dimensione eroica avevano lasciato spazio a meditazione privata, tristezza, sconforto, senso di tumulto e malinconia, senso di sconfitta e preghiera… quella marcia funebre cosí innovativa nella ritmica e nelle sonoritá da non essere quasi classificabile né riconoscibile dagli altri compositori e proprio per questi stravolgimenti era stata definita da Schumann “una sfinge dall’ironico sorriso” che “così comincia, così finisce: con dissonanza, attraverso dissonanze, nelle dissonanze… quello che appare nell’ultimo tempo sotto il nome di finale è simile a un’ironia piuttosto che a una musica qualsiasi. Eppure bisogna confessarlo, anche da questo luogo senza melodia e senza gioia soffia uno strano, orribile spirito che annienterebbe con un pesantissimo pugno qualunque cosa volesse ribellarsi a lui, cosicchè ascoltiamo come affascinati senza protestare fino alla fine – ma anche, però, senza lodare: poiché questa non è musica”.

E credo possa essere proprio l’immagine del bianco carillon dal quale risuona inaspettatamente la nera marcia funebre di Chopin a rappresentare al meglio tutto il mondo dei Marche Funèbre, gruppo belga composto da Arne Vandenhoeck, Peter Egberghs, Kurt Blommè, Boris Iolis e Dennis Lefebvfre. Il 20 febbraio è uscito il loro nuovo album, “Into the arms of darkness”, pubblicato dalla Moscow Funeral League.

Cinque tracce che raccontano una pagina di doom/death metal carica di tonalità scure, cupe, violente ed aggressive che si intrecciano alla perfezione con melodie limpide e pulite, quasi sognanti, che dalla disperazione più lacerante, da atmosfere livide e dal buio più profondo ti trascinano in una dimensione di calma apparente e rassegnazione, dove ai ritmi pesanti e ossessivi si sovrappongono linee ritmiche impalpabili… con la voce di Arne Vandenhoeck che, tra picchi melodiosi e puliti – che prevalgono in “In the Garden of all things wild” – e timbri tetri, cavernosi e perfino sepolcrali – il growl tipico del genere – ti trascina dall’inferno al paradiso per farti poi ripiombare nuovamente negli anfratti più reconditi delle tenebre … In un viaggio verso l’ineffabile, verso il nulla, verso, l’oscuro… come accadeva del resto nella Sonata di Chopin, cosiddetta “poema della morte”, che si concludeva con la rappresentazione del vuoto, del gelo spirituale, del nulla…

“Deprived -I drift

Deprived from the light

I drift…into darkness

Deprived from love

I drift… into nothingness

I dwell… into darkness” (da “Deprived into darkness”).

In un viaggio che conduce verso un mondo “Uneven”, dove la complessità regna sovrana, dove viene rifiutato quello stupido ordine fatto di regole preconfezionate, dove non esistono più quelle dicotomie in cui banalmente semplifichiamo la realtà, come il bianco e il nero, il sì e il no, il paradiso e l’inferno… una polarizzazione raccontata con sonorità buie e sporche, cariche di angoscia, che tendono a registri più leggeri e rilassati nel momento in cui si invoca la liberazione dalle pesanti catene della realtà e si varca la soglia di una dimensione che non segue la logica umana, dove vige “an eternity of colours”.

Il viaggio continua con una ninna nanna molto particolare, “Lullaby of insanity”, che attraverso una sickening melody fatta da un’alternarsi di velocità e lentezza, di leggerezza e pesantezza ritmica e sonora, ti riempie la testa fino a farti impazzire con le sue voci e i suoi demoni, e l’unica salvezza è la notte… è il sonno… è la morte.

To sleep is to live… to live is to die… I die to sleep.

Troppo facile farsi venire in mente “Lullaby” dei The Cure”? Troppo azzardato pensare a quell’intrico di mostri raffigurato nel Capriccio di Goya El sueño de la razón? Forse sono stata avvolta anch’io da questa generale atmosfera di insanity?

Giungiamo infine a “Capital of rain”, nella quale si respira tutto il tumulto e la disperazione raccontata da Lord Byron in “Darkness”, opera del 1816 scritta per raccontare il cosiddetto anno senza estate dovuto all’eruzione del monte Tamboara, e alla quale di ispirano i Marche Funebre per la loro canzone. Ritmi veloci, incalzanti, senza tregua; e tra le note vorticose, dannate e tormentate puoi vedere chiaramente le fiamme che divampano, i paesi fantasma, la speranza che se ne va, la morte che avanza, il mondo che si spegne e diventa cenere.

“Forests were set on fire – but hour by hour they fell and faded – and the crackling trunks extinguish’d with a crash – and all was black. The brows of men by the despairing light wore an unearthly aspect, as by fits the flashes fell upon them… no love was left; all earth was but one thought – and that was death immediate and inglorious… the world was void, seasonless, herbless, treeless, manless, lifeless – a lump of death – a chaos of hard clay… the winds were wither’d in the stagnant air, and he clouds perish’d; Darkness had no need of aid from them – She was the Universe”.

Così ha concluso Lord Byron: e similmente concludono i Marche Funebre: “Darkness blinds all life and lights – She is the Universe”.

Molto suggestiva la copertina del disco: una donna fluttuante nell’aria, coperta da un velo bianco, un volto senza volto trafitto da una lama di sangue. Quante immagini mi sono passate per la testa guardandola: una tra le tante l’Incubo del pittore svizzero Johann Heinrich Füssli, il pittore ufficiale del demonio come lui stesso amava definirsi e che nei suoi quadri rappresentava un mondo fatto di incubi, ossessioni, sogni e demoni, un po’ come quelli dipinti dalla musica dei Marche Funèbre in Lullaby of insanity.

Un disco davvero stimolante, visti anche i numerosi coinvolgimenti artistici che portano a viaggiare ben oltre la musica.

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