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Anathema – The Optimist

2017 - Kscope
progressive / post rock

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Tracklist

1. 32.63N 117.14W
2. Leaving It Behind
3. Endless Ways
4. The Optimist
5. San Francisco
6. Springfield
7. Ghosts
8. Can't Let Go
9. Close Your Eyes
10. Wildfire
11. Back To The Start


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Dal canto mio da sempre subisco una simpatia tutta personale per i gruppi (soprattutto -metal) che cambiano pelle al punto da risultare altre band rispetto agli inizi. L’evoluzione è parte della natura umana e chiunque la abbracci sa bene di aver intrapreso la giusta strada verso una consapevolezza del proprio essere ben più appagante dell’immobilismo proprio di determinati generi (molti altri griderebbero “VENDUTI!!11!!”).

Gli Anathema sono una di quelle band che questa faccenda l’ha capita e pure bene. La parabola ascendente dei fratelli Cavanagh sembra comunque non volersi arrestare e il nuovo “The Optimist” ne è l’ennesima riprova. A tre anni dal seppur buono “A Distant Satellites” il nuovo album va a ripescare una storia da tempo dimenticata ed è da lì che va ripresa la narrazione. Mi riferisco al capolavoro del 2001 “A Fine Day To Exit”. Che fine ha fatto il protagonista di quell’album? Se lo sono domandati gli stessi creatori e hanno deciso di portare a compimento la sua storia.

Quello che stringiamo tra le mani è dunque un concept e non stupisce il fatto che, tra le 11 tracce che lo compongono, vi sia un legame che porta, talvolta, alla ripetitività, ma è materia utile a dare una continuità narrativa al lavoro. Regista della storia è quel Tony Doogan che dal suo Castle Of Doom (Studios) porta da queste la sua sapienza mogwaiana donando al tutto quel tocco finale che altrove mancava.

Questo road trip al buio parte dalla spiaggia di Silver Strand di San Diego e [spoiler alert] riporterà “a casa” il nostro fantomatico personaggio. Le tappe sono svariate e talvolta “fuorvianti”, esempio perfetto ne é il verbo Radiohead (non a caso già presente da queste parti nel lontano 2001) di Leaving It Behind che, tra elettrogenesi ritmiche e chitarre taglienti, porta a regime il motore del mezzo. L’epica involata pop della spettacolare Endless Ways rende onore all’estrema bravura di Lee Douglas (come se ce ne fosse bisogno) in un mostruoso crescendo che tende ad una strada infinita percorsa al buio, illuminati dalle soli luci del cruscotto.

Non solo i brani ma anche gli “ambient” tra un pezzo e l’altro fanno la loro parte nel gioco: un telefono che squilla, rumori di fondo sul limitare di metropoli perse nel nulla, asfalto che scorre sotto i piedi, porte che sbattono, chiavi che tintinnano (d’altronde un film non sarebbe nulla senza questi particolari). La title track è evidente gemella della precedente, delicata suite piano-yorkiana incastonata tra delizie d’archi e umori che colano su un tramonto lontano anni luce dalla realtà mentre le litanie notturne di Springfield portano la pioggia tra immensi incastri chitarristici e baluginii sintetici che riportano alla mente alcuni tizi di Glasgow campioni del post-rock.

Spettri immacolati degli U2 che furono riaffiorano nella spedita Can’t Let Go, scuotendo il disco dalle sue oscure fondamenta ma non togliendo un’oncia delle ombre che vi albergano, infatti Wildfires riporta tutto in un’oscurità tutt’altro che latente con il suo incedere umorale sempre più Radiohead (ormai si è capito che sempre qui si finisce) fino all’esplosione elettrificata che la porta a schizzare fuori dalle casse dello stereo come un oggetto non identificato. I sei di Liverpool sembrano, oggi più che mai, in control per quanto riguarda la materia pop-rock e lo dimostrano magistralmente con il lunghissimo finale di Back To The Start, scintillante scheggia da rock opera che chiude il cerchio ed il viaggio di cui sopra.

Certo, rispetto al “predecessore“ “A Fine Day To Exit” questo album nulla può e il confronto sarebbe innegabilmente ingiusto, ma gli Anathema hanno quei 16 anni in più sotto i vestiti che fanno sì che questo “The Optimist” sia al posto giusto nel momento perfetto, un momento in cui si tirano le somme, in cui le storie si concludono perché in qualche modo vanno chiuse, con tutta la classe di cui i nostri sono stati capaci finora e che ancora hanno addosso.

Di album riflessivi ce ne sono quanti ne volete, ma che vi facciano riflettere nello spazio oscuro e nel momento del bisogno pochi. Ecco, questo è uno di quelli.

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