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San Leo – DOM

2017 - Tafuzzy Records / Vollmer Industries / BleuAudio Records / Brigadisco / CORPOC / Upwind produzioni / è un brutto posto dove vivere
psych rock

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Tracklist

01. L'antico monile era custodito all'interno della tempesta di sabbia: a causa del suo fascino molti non avevano fatto ritorno.
02. Riportati alla vita dal freddo severo dell'alba, si risvegliarono nella distesa di erba inaridita: un incendio di colori in cielo, i palmi delle loro mani aperti in un gesto di totale determinazione.
03. Il tuffo nell'acqua gelida e giù attraverso filamenti di luce liquida, affondando nelle tortuosità di un antico tormento.
04. Intrappolato in un sogno ricorrente, percorrendo l'oscuro corridoio su un tappeto di ossa, richiamato da echi di voci lontane.


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I San Leo arrivano al loro secondo album fierissimi. Con la stessa fierezza io, da loro ammiratrice quale sono, mi compiaccio del fatto che il duo romagnolo non abbia abbandonato le proprie origini e la loro forte personalità, mantenendole, anzi, ancora più salde, arricchendo notevolmente il loro sound con momenti altamente meditativi, come anime in viaggio verso terre imperiali lontane, immersi in paesaggi meravigliosi ma anche sanguinanti di riff decisi e battaglieri.

Per “DOM” rimane la scelta di affidarsi ancora, come nel precedente XXIV, a Luca Ciffo (Fuzz Orchestra) e Riccardo Gamondi (Uochi Toki) per la produzione del tutto, come rimane la loro bella scelta di intitolare i brani con piccole descrizioni o piccoli anticipi di quel che l’ascoltatore potrà accingersi a sentire, ormai un vero e proprio marchio di fabbrica. Su “DOM” torna, soprattutto, a stregarci la psichedelia alchemica, le personalissime soundtrack medievali che si fondono con il rapporto che può avere con noi la natura primordiale degli elementi.

Li ho sempre ritenuti due cavalieri coraggiosi, Marco Tabellini e Marco Migani: questo voler proporre una musica particolarmente impregnata di visioni, per nulla colma di quella immediatezza che oggi un ascoltatore distratto richiede a più non posso, li fa risaltare, alle mie orecchie, per la volontà naturale di prendersi tempi, per creare dimensioni, per la precisione che costruisce la forma dei loro brani, che risulta sempre così ammaliante. Bisogna avere tempo, dedizione e sensibilità per dare retta ai San Leo.

Con DOM” si creano strade solcate di sensazioni forti, di strategie ben pensate, passaggi nuovi molto più decisi e combattivi e di loro amo questo gusto medievale, di roccia fortificata, di nubi polverose del dopo battaglia, è sempre stata una caratteristica dei San Leo che subito attanaglia alla gola dolcemente, sensazione che appare immediatamente nella opener del disco, nel quale viene simulata una tempesta di sabbia, uno dei miei preferiti, anche se ogni brano è a se: le dinamiche in crescendo, gli intrecci esoterici che si moltiplicano, arrivando a bellissimi passaggi free-jazz alternati a momenti pensati dalla trascinante intesa fra gli strumenti.

DOM” è come quel momento nel quale stai precipitando nel vuoto e sai assolutamente come andrà a finire, ma l’aria è fresca, il cielo terso e blu ti abbaglia di meraviglia e quel che doveva esser fatto, è stato fatto. Bene.

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