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Algiers – The Underside Of Power

2017 - Matador
soul / noise rock

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Tracklist

1. Walk Like A Panther
2. Cry Of The Martyrs
3. The Underside Of Power
4. Death March
5. A Murmur. A Sign.
6. Mme Rieux
7. Cleveland
8. Animals
9. Plague Years
10. A Hymn For An Average Man
11. Bury Me Standing
12. The Cycle/The Spiral: Time to Go Down Slowly


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Quando due anni fa uscì l’omonimo debut album degli Algiers arrivai a tanto così dal perdere completamente il senno. Il 2015 non verrà ricordato propriamente per la prolificità di dischi della Madonna, tolto quello e un paio d’altri ma QUELLO, ragazzi, non scherziamo, era qualcosa di così bello che fece scoppiare più teste, quantomeno quelle pensanti. Com’è, come non è, a due anni distanza la band di Atlanta torna a farsi sentire, e anche forte.

Secondo un tizio di cui ora non ricordo il nome il secondo album sarebbe il più difficile nella carriera di un artista e, mi tocca ammetterlo, aveva ragione. Riconfermare un album come QUELLO non è cosa di tutti i giorni. Ma nessun problema, la band capitanata da Franklin James Fisher, decide di farla vedere di nuovo a tutti quanti, la pasta di cui sono fatti. Così “The Underside Of Power” finisce under the file “bombarde emotive che mandano a casa tutti quanti”. Vi sento già dire “bella lì, zio”, posso percepire i fist bump in arrivo e high five a tutto spiano. E fareste bene a elargirli subito, perché il disco della conferma è qui a dimostrare che, difficile o no, questi signori sanno il fatto loro.

Sono anni di estrema commistione, soprattutto per quello che riguarda la musica di matrice black, basti pensare a Ghostpoet, Saul Williams, Death Grips, clipping. e via dicendo, e viviamo un momento storico in cui c’è sempre più bisogno di quella consciousness che nella prima metà degli anni Zero è andata un po’ perdendosi in favore delle luci della ribalta (ma, badate bene, non scomparendo mai).

Gli Algiers lo sanno bene e la miscela assassina di noise rock, soul, industrial, R&B e delizie post punk è qui riproposta riveduta, corretta (anche se da correggere c’era ben poco) e fottutamente migliorata, accompagnata dalla presenza dietro al banco mix di Adrian Utley dei Portishead e Ali Chant (già dalle parti di PJ Harvey e Sacri Cuori), il tutto mixato a dovere dal partner in crime dei Sunn O))) Randall Dunn e post-prodotto dall’ex The Men, ed attualmente in forze negli Uniform, Ben Greenberg. E già qui saremmo a posto per dieci dischi.

Sul nostro cammino troviamo sberle cosmiche postpunkish che rivoltano come calzini, furiose, indomite e prive di pace (Animals), mostruosi incesti tra industrial e musica concreta (la spaventosa Bury Me Standing non sfigurerebbe in qualche disco di O’Malley), disturbanti gozzoviglie sferraglianti r’n’r/r&b (The Cycle/The Spiral: Time To Go Down Slowly ha l’anima di Chuck Berry/James Brown e le chitarre di Mick Harvey) deliqui ultra soul immersi in pozzi senza fine (Hymn For An Average Man, gonfia di rumorismi tra The Birthday Party e John Cage, la soffusa e splendida ballad Mme Rieux, infestata di noise delirante), feroci tamarrie che non poco guardano agli ultimi Run The Jewels (la sintetica Walk Like A Panther vi farà il culo a strisce), coltellate di industrial rock minimale ma non meno gigantesco (Cry Of The Martyrs), oscuri monoliti dal sapore new wave (Death March) e striscianti fantasmi ammantati di ruggine (A Murmur. A Sign.).

The Underside Of Power” è così l’incarnazione tangibile delle commistioni di cui vi parlavo prima, un misto incredibile, e inusitato, in cui pressati assieme troviamo numi tutelari di ogni tipo, dall’antica creatura di Nick Cave ai Nine Inch Nails, da Grace Jones al succitato Re del Soul, e non è che una minima parte del tutto, un tutto che suona nuovo come non mai, unico e volto a restare impresso in these times of needs. Necessario come mai prima d’ora.

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