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Postvorta – Carmentis

2017 - Third I Rex
post-metal / sludge

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Tracklist

01. 15
02. Colostro
03. Cervix
04. Patau
05. 13


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I Postvorta mi hanno sempre emozionano tanto. Stiamo parlando di una band italiana ormai abbastanza nota nell’ambiente underground e non, quelli che riempiono orecchie, vene e cervello di un post metal di grande qualità, quelli che assolutamente non devi trascurare.

“Carmentis” è stato prodotto da Riccardo Pasini nella bella Ravenna e continua a far parte di una trilogia dedicata alla nascita, fin dal suo concepimento: abbiamo, per questa volta, ospiti di valore come Tero Holopainen dei Callisto nel brano che chiude il disco 13 e di Mers Sumida in Patau (dove ritroviamo anche Holopainen con la sua inconfondibile steel guitar), cantante della black metal band Black Table di New York e la scelta si fa vincente: la voce di Mers è decisamente una delle più uniche e violente sulla scena black odierna.

Se con lo splendido Ægeria del 2015 ci si concentrava sulla difficile situazione della gravidanza, “Carmentis” libera la creatura dal suo liquido amniotico con Cervix e ci illustra anche i suoi primi giorni di vita, da qui Colostro, il primo amaro latte, brano forte che mi fa amare sempre di più la voce perforante e avvolgente di Nicola Donà. Ma la nascita si tramuta in dolore, nasconde nel buio corporeo il soffocamento della rassegnazione che si fa palpabile con Patau, una rara malattia cromosomica che porta il piccolo a morte precoce. Mi soffermo su quest’ultimo brano perchè al primo ascolto ho avvertito una pelle d’oca da record, un po’ data dalla sua ottima struttura che è micidiale e poi c’è lei, Mers Sumida la quale, con la sua alta e violenta voce, è riuscita a creare un vero e proprio senso di sconforto sul finale, una vera e propria voce di madre devastata e spezzata dalla realtà.

In definitiva, l’album si snoda molto bene nelle sue mille sfumature uterine, ci trasporta con pienezza in ogni fase di questo parto che da gioioso momento, nasconde sinistri presagi e dove la crescita del pensiero funereo si infiamma nel finale.

Questo disco è un gran lavoro che penetra nella carne, adocchiamo il male del mondo esterno, ci spegne sul finale, ci inonda di silenziosa sconfitta: la lacerante, meravigliosa morte della vita. Bravi.

 

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