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Tyler, The Creator – Flower Boy

2017 - Odd Future / Columbia
hip hop / RnB

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Tracklist

1. Foreword
2. Where This Flower Blooms (feat. Frank Ocean)
3. Sometimes…
4. See You Again
5. Who Dat Boy (feat. A$AP Rocky)
6. Pothole
7. Garden Shed (feat. Estelle)
8. Boredom (feat. Rex Orange County and Anna of the North)
9. I Ain’t Got Time
10. 911 / Mr. Lonely (feat. Frank Ocean and Steve Lacy)
11. Droppin’ Seeds (feat. Lil Wayne)
12. November
13. Glitter
14. Enjoy Right Now, Today


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Se c’è una cosa a cui Tyler ha ben abituato il suo pubblico, è non prenderlo mai troppo sul serio. E anche “Flower Boy”, sua ultima fatica, mantiene inalterata questa attitudine giocherellona e scherzosa. Tra i particolari più significativi: la copertina assurda, la voce, probabilmente alimentata dallo stesso autore, il titolo completo sarebbe stato “Scum Fuck Flower Boy” ma soprattutto, la risposta alle numerose accuse di omofobia disseminando indizi di coming out in più testi. Che la cosa corrisponda a verità o sia solo l’ennesima burla architettata ai danni dei suoi detrattori, poco importa. Il disco al suo interno ha ben altro di cui valga la pena parlare.

Scritto e prodotto interamente dal titolare, l’album ha la propria chiave di volta in sonorità decisamente soft, peraltro già emerse nella passata produzione dell’artista. I ritornelli RnB e le atmosfere soffuse e sognanti si amalgamano armoniosamente col suo inconfondibile timbro baritonale e il suo consueto eclettismo alle macchine. Accantonata la vena di cantore del grottesco, Tyler ne abbraccia una più intimista e riflessiva attraverso cui successo, relazioni, insicurezze e preoccupazioni di chi sta approdando definitivamente all’età adulta, vengono filtrate.

Due solamente gli episodi che eccedono quanto appena detto: il singolo Who Dat Boy in combo con A$ap Rocky, decisamente scura e potente, e Ain’t Got Time!, su di una strumentale obliqua e schizoide. Variazioni sul tema gradite anche perché, sebbene tutto sia realizzato estremamente bene, la formula strofone rappato – ritornello cantato – arrangiamento con gli archi, per quarantasei minuti consecutivi rischia di stancare. Non mancano certamente i pezzi da novanta. A partire dalla doppietta iniziale Foreword (signori, che base!) e la combo col socio di sempre Frank Ocean Where This Flower Blooms. L’inciso I rock, I roll, I bloom, I glow vi ritroverete a canticchiarlo quasi inconsciamente, tanto gira bene. Tandem che ritroviamo nella doppia traccia 911/ Mr Lonely, estremamente groovy e orecchiabile nella prima parte, vagamente 80’s nella seconda. (Piccola chicca per i nerd del rap: tutti gli album di Tyler alla decima traccia hanno un pezzo in due parti).

Davvero notevole See You Again, in cui l’arrangiamento orchestrale e la voce di Kali Uchis rivelano una volta di più il buon gusto musicale della mente dietro la canzone. Veramente bella anche November, forse la migliore performance lirica del lavoro anche se l’abilità e lo stile con cui l’mc sa inanellare giochi di parole e trick fonetici, emerge bene o male lungo tutto l’ascolto. Lasciano invece un po’ perplessi Garden Shed Boredom, le quali paiono inserite in scaletta giusto per allungare il minutaggio. Per non parlare delle collaborazioni con Jaden Smith (figlio di Will aka Il Principe di Bel Air) e Lil Wayne. Se il ritornello di Pothole tutto sommato è ascoltabile, gli sguaiati starnazzamenti del rapper della Louisiana, cui viene interamente affidato l’interludio Droppin’ Seeds, non potrebbero essere più fuori luogo. Forse la sua presenza va interpretata come uno scherzo di Tyler.

Nel complesso, “Flower Boy” è un ascolto piacevole con diverse idee apprezzabili. Un po’ troppo insistente nel riproporre più volte la stessa formula ma compensa egregiamente alla staticità di alcuni momenti con guizzi di classe di cui solo un artista fantasioso e capace può essere in grado.

Da più parti sta giungendo l’eco questo sia il migliore e più compiuto album di Tyler. Ma francamente trovo che sulla discontinuità che caratterizza bene o male tutti i suoi lavori, ci sia ancora qualche passo in avanti da fare. Il famoso “album della maturità” credo proprio sia ancora di là da venire. Ciò non di meno, è lecito aspettarsi non manchi poi molto.

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