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Burn – Do Or Die

2017 - Deathwish Inc.
post hardcore

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Tracklist

1. Fate
2. Ill Together
3. Flame
4. Beauty
5. Dead Identity
6. Do Or Die
7. Last Great Sea
8. New Morality
9. Unfuck Yourself
10. Climb Out


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Quando Deathwish Inc. ha annunciato il ritorno sulle scene dei Burn ammetto di essere caduto dalla sedia. La band in questione è stata la proverbiale meteora nel caotico cosmo hardcore nato, morto, sepolto e risorto in seguito agli anni ’80 e che ora sembra stia tornando a sfiorare la Terra a causa dell’epigono del fu Ronald Reagan attualmente seduto nella Stanza Ovale della Casa Bianca.

Un primo EP omonimo nel 1990, furioso, pazzesco, micidiale, poi lo scioglimento due anni dopo. Il cantante Chaka Malik forma quel combo pazzesco che furono gli Orange 9mm (altri dimenticati) mentre il batterista Alan Cage già se ne stava ben comodo seduto dietro le pelli dei Quicksand. Il gruppo newyorkese ha comunque dato alle stampe altri due EP nel nuovo Millennio direttamente dall’aldilà dei gruppi musicali ma, di fatto, non ha più dato segni di vita. Fino all’anno scorso con un altro EP intitolato “...From The Ashes”.

Ma nella polvere i nostri non ci son rimasti, forti di una rinnovata line up – gli unici membri originali rimasti in forza sono Malik ed il chitarrista Gavin Van Vlack dato che Cage è impegnato con l’altro grande comeback di quest’anno in compagnia di Schreifelds e soci – tirano fuori gli attributi e danno vita al nuovo album (e primo full lenght della band a tutti gli effetti) intitolato “Do Or Die”.

Più che un titolo una dichiarazione d’intenti precisa che dimostra la determinazione di spezzare schiene a tutto andare, mettendosi finalmente in gioco ora che ce n’è più bisogno. Pronti, partenza, via: dietro al banco mix l’immancabile chitarrista dei Converge Kurt Ballou e al master l’onnipresente Howie Weinberg il disco mostra muscoli inossidabili e scintillanti. Malik è in forma a dir poco smagliante, Van Vlack fa ruggire le chitarre come fossero ghepardi cyberpunk mentre i nuovi Abbas Muhammad e Tyler Krupsky si mostrano ampiamente all’altezza della situazione.

I dieci colpi messi a segno nell’album si incidono a fuoco nella calotta cranica e attraverso la spina dorsale e quanto dimostrato con i suoi Orange Malik lo tira in ballo qui con prepotenza e la cosa sembra funzionare alla grande. Brani come Flame e Beauty prendono la materia hardcore e la modellano fino a trasformarla in disastrosi stomp assassini pregni di influenze crossover in mid-tempo. Impietose mutazioni punk e mistificazioni death’n’roll fanno capolino in quel razzo che è Dead Identity mentre la title track è una folle trasposizione di deragliante thrash core dalle parti dei Dead Cross. Il badile affilato dell’opener Fate racchiude in sé elementi cari agli stessi Converge e ai Dillinger Escape Plan impreziositi dal magistrale uso delle melodie vocali di Malik a rendere il tutto tanto anomalo quanto incredibilmente fruibile nel suo eccesso di violenza.

I nostri rimettono le mani su due brani presenti nell’EP “Last Great Sea” e lo fanno per dare quel tocco di classe che mancava nella loro sede originaria pur non cambiando di molto le carte in tavola: Last Great Sea prevede un upgrade incandescente di melodia vocale – punto di forza del brano di badbrainiana memoria – e delle chitarre qui diventate magma rovente colato direttamente in gola incastrate in una ritmica cubica di cemento armato; New Morality raddrizza gli strascichi post-hc dell’originale aggiungendo quel tocco di ferocia che guasta mai. La disperata Unfuck Yourself è un mare in piena tra cambi di tempo e sguaiati latrati jellobiafrani e mostra un elemento che finora non avevo sottolineato ossia la formidabile classe batteristica di Muhammad.

Do Or Die” si attesta a pieno diritto tra i migliori album di un genere che torna a mostrare la necessità di esistere ma che ha dovuto attendere il ritorno dei Burn (oltre alla nascita dei Dead Cross e alla riesumazione dei Quicksand) per mostrare davvero gli artigli. Speriamo che la lezione serva a molti. Intanto bruciamo tutti assieme.

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