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Alvvays – Antisocialites

2017 - Polyvinyl Record
indie / pop

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Tracklist

  1. In Undertow
  2. Dreams Tonite
  3. Plimsoll Punks
  4. Your Type
  5. Not My Baby
  6. Hey
  7. Lollipop (Ode to Jim)
  8. Already Gone
  9. Saved by a Waif
  10. Forget About Life

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Dopo un’attesa di tre anni, arriva (finalmente) “Antisocialites, il secondo full lenght album dei canadesi Alvvays, in un uggioso e piovoso venerdì di settembre. Dentro di sé porta la tristezza di fine estate, di tutte le speranze che non si sono realizzate, di tutte le sofferenze che ci trasciniamo dentro, ma anche la voglia di rinascita.

La gestazione dell’album è stata abbastanza lunga, con registrazioni sporadiche e anticipazioni di brani nei vari concerti che in questi anni hanno tenuta impegnata la band di Toronto (tra cui Glastonbury nel 2015 e Coachella nel 2016). Molly Rankin si è poi rifugiata nelle spiagge di Toronto per concentrarsi, in solitaria, sulla stesura delle canzoni.

Il disco ripercorre tutte le emozioni che ci sovrastano dopo la fine di un love affair. Non abbandonando mai le sonorità jangle pop,Antisocialites è veramente piacevole ad un ascolto distratto, è totalmente coinvolgente e disarmante ad un ascolto approfondito, è speranzoso e disilluso, è naive nelle melodie ma disincantato nei testi.

Tra sonorità dream, twee e, appunto, jangle il suono e gli arrangiamenti di “Antisocialites” (che è stato tra le altre cose co-prodotto da John Congleton, i.e. Xiu Xiu, David Byrne, St. Vincent) appaiono sicuramente più maturi che nel precedente “Alvvays“, rispetto al quale si spingono ben oltre, pur rimanendo ancorati ad una solida base, che, meritatamente, ha dato loro molte soddisfazioni. Molly Rankin appare più confidente, pienamente consapevole delle sue potenzialità e della sua voce, chitarre e tastiere risultano maggiormente presenti e in armonia con la voce, fino ad arrivare anche a qualche punta di shoegaze.

Il disco si apre con In Undertow, un dolce pugno nello stomaco che ci fa capire che ogni ulteriore tentativo di ricominciare dopo una rottura, di crederci ancora sarebbe, fondamentalmente, fallimentare: “you find a wave (way?) and try to hold on for as long as you can“. Ed è inutile fare affidamento a oroscopi (ammettiamolo) o a psicanalisti, la verità è già davanti a noi, dobbiamo solo accettarla, fondamentalmente “there’s no turning back after what’s been said“. Quello che ci resta allora è forse farci cullare da fantasie di possibile felicità con persone incontrate per strada, nei nostri Dreams Tonite. Viene spontaneo il parallelo con Antonie Paul e con tutte le labbra assenti delle belle passanti cantate da Brassens e De Andrè. L’incontro narrato dagli Alvvays però è molto meno malinconico, sappiamo che tutto è futile, ma siamo comunque contenti di poterci rifugiare in un sogno, cullati magari dalla dolcissima melodia che ci è offerta dal brano.

Dopo la disperazione arriva la consapevolezza. In Your Type, stupenda e brevissima canzone che ben si potrebbe associare ad uno dei primi gruppi femminili punk di fine anni ‘70, troviamo quello che tutti dovremmo capire, con spensieratezza, anche se morendo un po’ dentro: I die on the inside every time, you will never be alright, I will never be your type“. Ce ne facciamo una ragione e andiamo avanti e a tratti ci sentiamo sollevati, e ci perdiamo nella stupenda Not My Baby, che ci dà forza. Fai ciò che vuoi, addirittura “you can tell your friends that I don’t make sense, and I don’t care“. La canzone ci dà speranza: certo, ci vuole tempo, ma alla fine anche noi capiremo che “no need to turn around to see what’s behind me, I don’t care.

Dopo ogni rottura, dopo ogni presa di coscienza, arriva per tutti, volenti o nolenti, la fase di perdizione. In “Antisocialites ci perdiamo dietro a Plimsoll Punks, ci presentiamo ubriachi alle 3 di notte davanti alla porta di qualcuno con cui abbiamo ancora qualche conto in sospeso, solo per urlare Hey, in Lollipop (Ode to Jim) (scritta dalla Rankin dopo aver cantato Just Like Honey insieme ai Jesus and Mary Chain) inseguiamo amori impossibili e LSD, ma alla fine ci ridiamo il valore che meritiamo, anche se siamo accecati andiamo via, “because I don’t have the time wait in line for you“.

Dopo Lollipop (Ode to Jim) i toni si fanno decisamente più pacati. Forse ci rendiamo conto di quello che abbiamo perso, anche se forse non era la persona giusta per noi, anche se forse non era la storia migliore per noi, irrazionalmente ci manca e fa male e semplicemente con Already Gone un po’ ci arrendiamo, “don’t think that I could get behind it, I don’t think I will ever find it again“. Andiamo comunque avanti, cercando di rimettere insieme i pezzi della nostra vita, cercando di fare qualcosa di positivo, di dare un senso. Seguendo Saved By A Waif, per prima cosa ci tagliamo i capelli, facciamo un giro al parco, e troviamo la felicità nelle piccole cose, un randagio e un viandante. In chiusura di “Antisocialites, Forget About Life è una ballata dolce e malinconica, ma ancora personalmente non riesco a convincermi se sia arrendevole o speranzosa: “when the failures of the past they multiply.. Do you want to forget about life with me tonight?”

Antisocialites” ci insegna a non rassegnarci, ma ad accettare la nostra sofferenza e ad andare avanti. Lo fa in modo semplice e genuino, senza virtuosismi inutili, ogni suono è esattamente dove dovrebbe e dove vorremmo che fosse. In “Antisocialites” ho personalmente ritrovato quello che non trovavo da anni in un album, la rappresentazione completa dei miei pensieri, delle mie emozioni in ogni singolo verso e nota. E questa per me è la vera essenza della musica.

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