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Celeste – Infidèle(s)

2017 - Denovali Records
black metal / post core

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Tracklist

1. Cette chute brutale
2. Comme des amants en reflet
3. Tes amours noirs illusoires
4. Sombres sont tes deboires
5. A la gloire du neant
6. Sotte, sans devenir
7. (I)
8. Entre deux vagues
9. De l'ivresse au degout
10. Sans coeur et sans corps


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Non vi è sangue che scorra nelle vene dei Celeste bensì cemento armato e più passa il tempo più questo materiale s’indurisce e va a ricoprire ogni singola parte rimasta umana del quartetto di Lione. Prese le dovute distanze da capolavori come “Misanthrope(s)” e “Morte(s) Née(s)” e anche dal prolisso (ma pur sempre spettacolare) “Animale(s)” i nostri riescono ancora a piegare/piagare l’anima e stuprarla senza remora alcuna.

Ci sono voluti 4 anni a mettere assieme il nuovo “Infidèle(s)” ma il risultato ripaga ampiamente l’attesa. La chiave di lettura di un gruppo come questo risiede non tanto nel cambiamento prettamente musicale tra un lavoro e l’altro bensì nella capacità dei nostri di riuscire a trovare sempre un punto debole nel fallace animo umano da poter colpire per ferire a dovere la preda (d’altronde non si fa un discorso simile anche per i Meshuggah?). Non black metal nel senso stretto del termine, ma una commistione di quanto più violento, oscuro, orripilante, nichilista e folle si possa trovare nella musica estrema oggi.

Compatti come un’armata di osceni orchi scavati nel marmo ed armati fino ai denti i Celeste spostano l’asse compositivo su uno spettro di marcescente avant/deviant extreme music infestata ora più che mai di gutturali mostruosità post-core tanto care alle angolarità dei Botch immerse nel gelo impietoso del chitarrismo meshugghiano. Il trucco sta nell’ascoltare con minuziosa attenzione il doloroso sentimento che scaturisce da ogni singolo brano, lasciando da parte ogni pregiudizio e ogni speranza di svolta in un sound così unico.

Inutile dire che a battezzare ferocemente l’ascoltatore è sempre la voce unica di Johan che sarebbe in grado di buttare gambe all’aria il più corazzato dei carri armati. A seguire le suddette atmosfere asfissianti. Non c’è pace neanche a pagarla oro in questi 10 brani, perfetta allegoria di una vita passata al buio di un nuovo millennio che colpisce duro alla bocca dello stomaco. Le inflazioni ultra-black di brani come Sombre Son Tes Deboires, impreziosita da un intermezzo solo strumentale che porta la temperatura sotto zero, A La Gloire Du Neant e la mutante Sotte, Sans Devenir cosparsa di benzina in blast beats e riverberi disastrosi che danno la misura di quanto in basso si possa scendere tra le pieghe della natura umana.

Mentre lo stomp post-hc di Cette Chute Brutale lega al doppio filo l’esperienza ferale di “Morte(s) Née(s)” spedendo il tutto dalle parti dei Converge più scoppiati, brani come Tes Amours Noirs Illusoires marchiano a fuoco l’idea di cambio di tempo e chitarre all’arma bianca. (I) è spiazzante, non inizia come ti aspetteresti e nemmeno continua in tal modo ed è legata ad un drone di chitarra che volteggia come un elicottero su una città in rovina e delimitato da una ritmica post punk che conduce ad un’ascensione melodica degna del più epico post rock atto a sottolineare un imbattile senso di abbandono. Il treno old school di Entre Deux Vagues lascia invece dietro di se una scia di sangue atta ad evocare dall’oltretomba il più orrorifico degli spiriti.

È una disperazione senza fine quella che emerge da “Infidèle(s)”, un terrificante terreno fertilizzato dalla disillusione nei confronti di una vita che illude impietosamente gli esseri umani, immersi nel fasullo mare della tranquillità e dell’amore e crocifissi a testa in giù alla prima avvisaglia di realtà nuda e cruda.

Questo sono i Celeste: una sincera dose di pesantezza e sentimenti obliqui e scomodi intrisi in una abominevole palude elettrica. Prendere o lasciare.

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