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Soror Dolorosa – Apollo

2017 - Soror Dolorosa
goth rock / wave

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Tracklist

1. Apollo
2. Locksley Hall
3. That Run
4. Everyway
5. Night Is Our Hollow
6. Another Life
7. Breezed & Blue
8. Yata
9. The End
10. Long Way Home
11. A Meeting
12. Deposit Material
13. Golden Snake
14. Epilogue


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Dopo quattro anni di silenzio dal discreto precedente “No More Heroes”, tornano gli alfieri del goth rock francese, capitanati da 2-cool-4-school Andy Julia, con quello che si candida a essere il loro album definitivo. Non solo per la durata, quasi vicino ai settanta minuti, ma perché cerca di racchiudere ed elevare le esperienze precedenti in materia goth e dintorni; personalmente, ancora non capisco perché loro stessi si ostinino a spacciarsi come cold wave, ma ok.

In quanto ad impegno i Soror Dolorosa ne hanno messo parecchio, compreso un intelligente uso dei sintetizzatori che va ad arricchire un sound che era già stato spremuto sufficientemente negli album precedenti. Negli otto minuti della title track troviamo tutte le caratteristiche del loro repertorio: i vocalizzi drammatici di Julia, semplici ed accattivanti riff di chitarra e un andamento in lento crescendo. Quello che però non perdono ai cari francesi è che nonostante tutto l’impegno profuso, il belloccio frontman continui ad essere lasciato da solo nello scrivere dei testi in un inglese delirante: a volte non solo non ha senso quel che scrive, ma non si capisce nemmeno quello che vorrebbe dire. È davvero uno di quei casi in cui è meglio non informarsi e piuttosto lasciare l’immaginazione libera di galleggiare sulle atmosfere romantiche e tetre dei nostri. E perdonatemi se stavolta mi ci incazzo particolarmente, perché è un peccato macchiare così tutto questo gran impegno, compreso il concetto delle quattro stagioni utilizzato intelligentemente anche nelle liriche stesse.

In Locksley Hall c’è una prima parte cantata con riff acustici e un andamento autunnale, poi la seconda parte arriva più aggressiva e strumentale, arricchita da assoli di chitarra e synth. That Run è sicuramente la più atipica come suono per i nostri, sembrando quasi un momento new wave in salsa Cure, troppo breve purtroppo, avrebbe meritato di essere estesa ed elaborata. Va però a braccetto con il singolo Another Life, che esplode in un ritornello con coretti strepitosi (che sarei curioso di sapere come faranno live, se non con un sample) e il suo escapismo malcelato che ben si sposa con i loro amichetti di etichetta (e non solo) Alcest.

Everyway invece non mi pare proprio che funzioni come dovrebbe, a partire dal ritornello “now we play right, I know you play right”, ma play che cosa? Vabbè, il resto del pezzo ha delle strofe servizievoli e il loro solito crescendo, ma non offre niente di più che la title track abbia già fatto molto meglio. Evitabile. Così pure A Meeting non mi convince particolarmente nelle melodie, mi pare un po’ affaticata, anche se è un momento sicuramente più solare del resto e utile per spezzare.
Splendida invece Night is our Hollow, delicata e leggermente sofferta senza scivolare nel teatrale, con un bella unione di goth rock e una spolverata di elettronica.

Insomma, per quanto non ci siano di certo questi netti cambi di umore o tonalità che uno potrebbe aspettarsi da un lavoro sulle quattro stagioni, d’altronde è sempre goth rock, ogni singolo pezzo è studiato ed elaborato con cura. Di sicuro, limando qui e lì e portando il tutto intorno ai sessanta minuti, sarebbe stato meglio sia per l’ascoltatore che per loro, ma comunque “Apollo” rimane il miglior lavoro di una band che ha sempre dimostrato buon potenziale e ora, pare, abbia finalmente imparato come esprimerlo al meglio.

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