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Dreamcar – Dreamcar

2017 - Columbia
pop

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Tracklist

1. After I Confessed
2. Kill For Candy
3. Born To Lie
4. On The Charts
5. All Of The Dead Girls
6. Ever Lonely
7. The Assailant
8. The Preferred
9. Slip On The Moon
10 Don't Let Me Move
11. Do Nothing
12. Show Me Mercy


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Tra gli exploit musicali passati inosservati – almeno su suolo italico – del 2017 appena trascorso vale la pena soffermarsi un attimo sui Dreamcar. Innanzitutto perché hanno fatto un bel disco, in secondo luogo perché sono pur sempre una super band. Rispettivamente a batteria, basso e chitarra troviamo infatti Adrian Young, Tony Kanal e Tom Dumont. E se i loro nomi di per sé non vi dicono nulla è assai più facile lo faccia quello della loro band di provenienza ossia i No Doubt. Messa momentaneamente (?) da parte Gwen Stefani a farsi carico dell’onere ed onore di frontman si presta Davey Havok degli AFI, altri grandi sopravvissuti al tritacarne di MTV degli anni zero.

L’album eponimo del quartetto rinuncia in partenza a qualunque rimando alle band di origine, tuffandosi di testa in un torrente di stili ed influenze legati agli anni ’80 ovvero i vari Simple Minds, Talking Heads, Tears For Fears e altri che bene o male tutti conosciamo almeno di fama e che qui sono stati riascoltati e rielaborati con estrema attenzione e buon gusto. Tributo, divertissement, operazione nostalgica, usate l’etichetta che più vi aggrada sta di fatto che, oltre a dimostrare profonda conoscenza della materia trattata, i Dreamcar manifestano il lodevole intento di attualizzarla e renderla appetibile per l’ascoltatore odierno in primis eliminandone alcuni aspetti eccessivi e pacchiani.

Sebbene il ricorso all’elettronica non venga affatto disdegnato viene operato in maniera molto sobria e misurata. Le fondamenta dei brani poggiano soprattutto sul modo assolutamente efficace in cui i tre strumenti si incastrano tra loro. Della decade a cui si ispira la band riprende non solo la scrittura di brani semplici e di sicuro impatto ma soprattutto un gusto per la melodia lieve ed immediata. Le performance canore di Havok in questo senso si dimostrano molto versatili e ben congegnate. La produzione, curata in ogni minimo dettaglio da Tim Pagnotta che col pop e la dance dell’ultimo decennio ha molto a che spartire, chiude il cerchio. Il risultato sono dodici canzoni leggere e piacevoli.

Se il singolo Kill For Candy, il cui ritornello ultra catchy è accompagnato dal più scontato dei cori di sottofondo, non lascia assolutamente evincere chi ci sia al microfono tanto il cambio di registro è netto, così non è per la più rockeggiante Born to Lie in cui al “nuovo” timbro viene affiancato quello che i fan degli AFI ben conoscono. Lo spettro della band di Simon Le Bon aleggia pesantemente sulle reminiscenze disco di On the Charts, mentre è agli Wham! del compianto George Michael che sembra guardare All of the Dead Girls. Debitrice della lezione della triade Gore/Gahan/Fletcher risulta invece la più scura – per quanto in un lavoro del genere tale termine vada preso con le pinze – Ever Lonely. E’ invece ai Cure che si fa il verso in Slip on the Moon.

Come già detto: tanta, tanta melodia, ritmo in abbondanza, synth quanto basta e giusto una spruzzatina di rock che non fa mai male. Ingredienti usati fino all’esasperazione e che qualcuno potrebbe legittimamente ritenere abbiano decisamente fatto il proprio tempo ma indubbiamente dosati e miscelati dalla mano di un cuoco molto in gamba, il quale, invece di avventurarsi negli impervi territori della nouvelle cuisine, appronta per i propri commensali il più classico e invitante dei piatti. Col non trascurabile merito di allontanarsi parecchio dalla cucina a cui ci aveva abituato, senza mostrare lacune o cedimenti significativi.

Un album che di certo non cambierà l’assetto dell’attuale panorama musicale. Ma in tutta onestà: quale tra quelli usciti nel 2017, sarebbe stato veramente in grado di farlo? Nell’epoca dei file cestinati un quarto d’ora dopo il download riuscire a realizzare un prodotto che scorre piacevolmente dall’inizio alla fine e si lascia riascoltare volentieri è già un traguardo da non sottovalutare. Per quel che mi riguarda: progetto promosso a pieni voti.

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