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FIRE! – The Hands

2018 - Rune Grammofon
doom jazz

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Tracklist

1. The Hands
2. When Her Lip Collapsed
3. Touches Me With The Tips Of Wonder
4. Washing Your Heart In Filth
5. Up. And Down.
6. To Shave The Leaves. In Red. In Black.
7. I Guard Her To Rest. Declaring Silence.


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Come tutte le infatuazioni in campo prettamente anomalo anche quella per il jazzcore – ormai diventato una realtà a se stante – e derivati è andata via via affievolendosi lasciando sul palato un amaro retrogusto di follia andata e venuta troppo in fretta. È altrettanto vero però che il genere di per sé ha dato tanto e forse tutto ha detto fino a consumarsi lentamente e ad autodigerirsi fino a diventare standard a sua volta portando i grandi fautori dello stesso a cercare altre strade espressive.

I FIRE! capitanati da Mats Gustafsson e completati da Johan Berthling e Andreas Weliin si sono sempre posti altrove sin dall’inizio, al limitare di un universo in collisione tra “nuovo” verbo (jaz)zorniano, astruse alterazioni kraut e oscurità ben poco latente sfuggendo così alla digestione affrettata di cui sopra forti anche di una formazione allargata vestita di tutto punto da Orchestra. Il trio continua a rimarcare la propria alienazione imperante anche sul nuovo “The Hands”, sesto capitolo dell’avventura della band che sembra non voler smettere di scavare verso l’inferno.

In parte accantonate le velleità smooth/kraut di “(Without Noticing)” e l’impianto più “classicamente” free del precedente “She Sleeps, She Sleeps” ci ritroviamo dinnanzi ad una situazione estremamente pesante e sulfurea al limitare dello sludge in senso stretto, sicuramente ben immersi in un acquario doom-jazz di misura e ben inserito in un contesto difficilmente collocabile.

Niente di strano dunque nel trovarsi ai piedi di suite ammorbanti come Touches Me With Tips Of Wonder che tramutano una durata di tre minuti e mezzo in una discesa nella fanghiglia gloomy più imbruttita che mai. La title track, When Her Lips Collapsed e il mostruoso monolite To Shave The Leaves. In Red. In Black invece siedono alla corte di Tony Iommi e lo fanno in nome di un blacksabbathismo affatto nascosto o fraintendibile col basso pressante di Berthling a inchiodare l’ombra a terra e facendosi capitano di una nave fantasma straziata dalle orride grida di un Gustafsson in gran spolvero.

Notevole sforzo di uscita dal seminato si riscontra nella spedita Washing Your Heart In Filth che pare essere una rivisitazione fireiana del marcio rock detroitiano di fine ’70 inizio ’80 e una soluzione del tutto simile la troviamo anche nella successiva Up. And Down. in cui sembrano incontrarsi il sax di Steve Mackay e il basso infestante di Geezer Butler carezzati da fill degni di un Art Blakey di ritorno da Urano.

Sono lontani i tempi in cui si saltava dalla sedia ascoltando qualcosa proveniente da questo universo distopico e mal assortito – in senso assolutamente positivo – ma la sterzata heavy che ci propongono qui i FIRE! è di assoluta bontà ed è un alacre viaggio tra le turpi sensazioni di un golem che ha perduto il suo padrone e si ritrova a vagare tra grattacieli in rovina e orrori urbani di sorta. La pecca? Niente di nuovo all’orizzonte.

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