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The Soft Moon – Criminal

2018 - Sacred Bones Records
industrial / post punk / darkwave

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Tracklist

1. Burn
2. Choke
3. Give Something
4. Like A Father
5. The Pain
6. It Kills
7. ILL
8. Young
9. Born Into This
10. Criminal


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Luis Vasquez, in arte The Soft Moon, ritorna a tre anni dalla sua ultima fatica in studio e a ormai otto dall’ottimo esordio omonimo che lo ha visto emergere dalle nebbie del tempo incastrato ed incatenato a quel lato oscuro degli Eighties tanto cari ad ormai una nutrita schiera di ottimi artisti come Cold Cave, Uniform e Drab Majesty.

Criminal” non segna solo l’attracco della sua astronave sul pianeta Sacred Bones ma mostra il compimento di un percorso che ha visto l’artista californiano cimentarsi non solo nella rivisitazione del suddetto decennio ma anche una ricerca all’interno del medesimo di un modo per rendere le sue composizioni quanto più viscerali possibile.

Se i primi due album mostravano una difficoltà di apertura al mondo che portava alla quasi assenza di liriche vere e proprie mentre il precedente “Deeper” costituiva il proverbiale “giro di boa” verso qualcosa di differente con questo disco Vasquez si ripropone di inasprire ulteriormente la pillola consegnata ai suoi fan. Il biglietto da visita si chiama Burn e apre una volta per tutte il cuore alle composizioni reznoriane e jourgensiane prima maniera nel suo essere missile terra-aria sintetico-digital-mostrificato.

I territori sondati dal Nostro sono lande lunari chiaramente gelide che non danno possibilità a nessun tipo di calore di trovare terreno fertile. Sempre sulle coordinate Ministry/NIN si snoda lo stomp minimale dell’agghiacciante Choke ed atterrisce per l’abbondanza di feralità e la totale assenza di umanità. Le macchine continuano a ribellarsi alla componente umana dell’artista sulla meccanica Like A Father che sembra sintetizzare in un unico essere Kraftwerk, Christian Death delle origini e The Sisters Of Mercy.

Sintomi di ritorno alla vita per vie traverse alla genetica si riscontrano nelle melodie rarefatte delle delicatezze di It Kills, che non manca però di fare a pezzi grazie all’uso sempre massiccio di una ritmica marziale, e della space oriented Give Something. Atrocità elettro-spastiche annodano la strumentale ILL in un uroboro di malessere ineluttabile mentre un epico refrain dipinge di grigio metallo industriale la spettacolare Born Into This mandando a memoria la mappa di un viaggio che tende a mantenersi sempre uguale a sé stesso cambiando di poco rotta di volta in volta.

Nella sua immobilità The Soft Moon riesce nell’intento di cambiare e rigenerarsi consegnandoci senza se e senza ma il suo lavoro migliore sulla lunga distanza. Un lavoro fatto di introspezioni orrorifiche imbevute di violenza subìta e rigurgitata attraverso la lente di un artista capace di rendere sontuoso un labirinto irto di lame affilate e scintillanti.

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